copertina L inciampo Parola d’Autore

Poesia è questo intervallo fra noi e le cose. Potremo mai riunirci?
Non restare al di qua, fermi nella penosa somiglianza,
e non al di là, nell’astrazione povera, ove in solitudine
s’impara il frutto autoriflessivo del linguaggio.

Nanni Cagnone, Exordium, in Æschylus-Agamennon

Si può dare un cenno appena dei motivi e delle tensioni che sommuovono e inducono a lasciare una traccia della propria mente in forma poetica, traccia che, a qualunque temperie di linguaggio si appartenga, pur si vorrebbe quanto più incisiva e duratura possibile. Con tale chiarezza del limite e del desiderio ne tento il racconto, assolvendo a una sorta di autoindagine sui meccanismi più o meno coscienti di quell’impulso a comporre poesia che mi piace definire psico-pensiero.
Attitudine prevalente dello scrivere in versi, di contro alla nuda emozione o effusione di sentimento, insorge un nucleo di pensiero, un rovello, un nodo di interrogazione sull’esistere colto a una luce laterale, seguendo dettagli minimi o ritenuti secondari – a segnare la propria misura d’interazione col reale, perché, spiega bene Iosif Brodskij, “ciò che dell’esperienza del mondo si innesta nella profondità di un corpo, la voce lo restituisce”. L’elemento emotivo entra in gioco nel dare all’innesco concettuale quella forza illuminante e propulsiva essenziale a produrre uno scarto in avanti, un accrescimento energetico della conoscenza di sé e della realtà. È ancora Brodskij a sostenere che “l’esercizio poetico è uno straordinario acceleratore della coscienza, del pensiero, della comprensione dell’universo”. Poesia come frutto d’intuizione e ragione, in combinazione tale da dare forma attraverso la scansione del verso a una personale cartografia esistenziale, traduzione incontrovertibile del proprio essere al mondo.
Da qui visione e riflessione si legano a mutarsi in parola: attraversare la vita e le sue volizioni focalizzando lo sguardo sul lato più scomodo, limitazioni, mancanze e fallimenti (l’inciampo), per poi riconoscere la natura illusoria delle nostre scelte, maturate al punto di contatto – o di frizione – tra la personalità e l’intelletto di ognuno e una serie di eventi puramente casuali, coincidenze o contingenze su cui non siamo in grado di esercitare alcuna influenza.
Facendo a meno di illusioni e facili consolazioni, è in gioco il rapporto tra interiorità e realtà esterna, tra l’io e il resto del mondo. Un rapporto che si vorrebbe di rispecchiamento, il più delle volte un conflitto destinato a non vedere vincitori né vinti, ma solo un’alterna vicenda di scontri e incontri lunga quanto l’intera esistenza.
Si accenna intanto sul volto un sorriso d’agra ironia, figlio di una nuova agnizione: intenti a conciliare capacità raziocinante e casualità che sfugge a ogni controllo, assale d’improvviso la coscienza che lo scenario su cui agiamo, e tanto ci agitiamo, si affaccia sull’orlo del nulla, sull’oblio. Ogni sforzo umano sembra perdere consistenza, inevitabile allora ridimensionare la valenza di ogni evento, variare parametri di valore, e ricorrere a una risata come antidoto contro ogni eccesso di considerazione di sé o del mondo.
Sotto questa nuova luce anche il discorso poetico va ricondotto alla sua radice ludico-creativa. Se da un lato la poesia è vissuta come incantamento, ricerca di bellezza, fascinazione della parola, dall’altro si avverte la necessità di depotenziarne l’attribuzione di valore, a diradare l’enfasi che a volte la circonda e riaffidarla al suo stigma di atto letterario.
In realtà il desiderio è di liberare il linguaggio da incrostazioni e accumuli d’inautentico, da quelle sovrastrutture di senso che lo allontanano dalle connotazioni originarie di accensione comunicativa, di adesione all’esistente, e riappropriarsi della voce-creazione, della parola-nominazione, l’unico strumento che pertiene al poeta – allo scrittore tout court – in cerca di una logica dove sembra non essercene, di un proprio assetto al mondo che sfugga ai capricci del caso, agli inciampi nel vuoto. 

7 poesie da L’inciampo, (L’arcolaio, 2015)

da Stratagemmi di danza intorno ai fuochi

1.

Tuttavia
rimango qui, qui
ritorno ripiegata come un foglio
su cui non cresce il tuo nome
ma flagra nell’aria in attesa
che qualcuno lo afferri per le ali
e lo inchiodi al muro come
un piccolo insetto crocifisso
dalle tue paure
e nel cuore della lotta
da tasche e tagli rotolano
ancora altri chiodi e altri sbagli
finché rimango qui
in assurda difesa
dietro questi occhiali
che mi fissano dallo specchio
ma non mi vedono.

11.

Quanta ostinazione a inseguire
la parola che schiuda tutto il senso
probabile impossibile di palpebra pensante
l’inutile presunzione di fidare
in un nome che possa scongiurare
la ridda di tamburi della veglia clamante
meglio il megafono muto la voce
senza suono dell’io cosciente del vuoto
silenzio che si fa tuono sfiato di fuoco
polvere in volo.

21.

A volte – certo, solo a volte
capita un momento in cui tutti i particolari
combaciano con precisione di luce
il gusto corsaro del caffè
il latte bollente al grado esatto
non un granello di più, né uno di meno di zucchero
a decretare la mitezza del giorno
con un’aria da giotto il cerchio dei biscotti
il cucchiaino che tintinna le diavolerie di paganini
e io mi chiedo che ci faccio su questa sedia
mentre la perfezione delle cose congiura contro di me
contro quell’ombra che rimane
abbarbicata all’osso un dispetto d’insonnia
un’allergia.

da Lo scatto muto della tagliola

15.

Dentro
bisogna entrare dentro
affondare il volto dentro l’acqua
non è come dicono
che si deve spingere e lottare e sbracciare
per restare a galla
piuttosto scivolare per sopravvivere
assaggiare l’abisso
guardarlo a occhi salati e spalancati
sentire che si muore d’inedia
in superficie che andare verso il fondo
è risalire.

da Di varchi e di bufere

3.

Lo scirocco è una guerra
d’aria che mastica sabbia in rivolta
si oppone alla fretta al moto apparente
della calca a quel correre sopra sotto
o solo in tondo senza arrivare mai a niente
casomai finendo in un tonfo
ma non al fondo soltanto intorno
in un giro inconcludente.
È allora che il vento interviene
strappa le redini all’auriga terrestre
e s’inturbina attorno a un groviglio
di sassi vuoti e di spini a quei sacchi
pieni d’ossa cavi di suono
privi di senno colmi di sonno.

5.

Tutto quello che vale
resta dentro e ha mutato
fiumi interni e vie
dell’essere e ricordi.
Forse pure i versi
non hanno altre ambizioni
che innescare intermittenze
d’emersioni se anche tentino
arginare la cordata dei naufragi
confidando che
un mai più valga quanto
un chissà dove ancora quando.

10.

Mi chiami come se
t’avessi sottratto qualcosa
come se fosse toccato
a me trattenerti
mi guardi e non parli
dal tuo fondo di blu
come a spiegare che
è questo il colore del buio
un lampo d’algore, l’inciampo
prima del nulla più oscuro
del pieno nel vuoto.
Il blu è solo
un bagliore del nero
l’ultimo aggancio
alla vita che già
adesso ti ha perso
più ignara e più stupida
senza un segno di te
senza te che la guardi
e la pensi e solo pensandola
diventa la vita che è
la non morte di me.

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