Luigi Carotenuto. “Farsi fiori”, una strada verso la piena illuminazione interiore.

Stupisce e avvince la levità aerea dei versi di Luigi Carotenuto, la sospensione a mezz’aria d’ogni parola, verso, strofa. Riflessioni d’una interiorità divenuta dicibile tanto in forma epigrammatica (scarna parola che si fa varco nel silenzio affinché essa possa nascere, limpida, pulita poesia bastante a se stessa e all’anima da cui sorge), quanto in composizioni meno brevi e più articolate, in questo suo recente esito, poetico già nel titolo: Farsi fiori (Gattomerlino, 2023, collana Quaderni di pagine nuove curata e   diretta da Piera Mattei). Titolo che già da solo allude a un processo di trasformazione, anzi lo indica, mettendo insieme fulmineità e meditazione, due forme di costrutto psichico che potremmo dire complementari e diverse: la prima forma è indice di una verità rivelata al soggetto, sprazzo di luce che raggiunge l’io; la seconda, è dell’io la ricerca “in fieri”, del divenire delle cose e d’ogni cosa dentro una luce più piena, totale, da considerare, a nostro avviso, alla stregua di ciò che chiamiamo Essenza. Senza dubbio il dettato poetico di Carotenuto, semplice, lieve, delicato, pensoso, immerso in altri mondi possibili, indica uno stato di purezza incipiente da preservare con cura perché sia alimentata, nutrita la strada che conduce alla piena illuminazione interiore, in un processo di assorbimento di quanto, oltre il dato sensista, accade al e nel mondo intanto che, nell’infinito altrove, guardano il nostro limite altri infiniti mondi /(…)/ (…) e spazi puntini / non vedi che sul foglio c’è sempre/ un tratto bianco sospeso/ non si allontana dal centro.

Sono, questi, come altri versi, declinati in tutta umiltà, con un’impronta di serenità che dal fondo trae un desiderio di saggezza, aspirazione a raggiungere e cogliere la luce che preme per rivelarsi, uscire dal di dentro; la stessa luce intravista, nella sezione “A cielo aperto”, quando cadono le barriere mentali e la visione che nasce dal basso ascende, si libra e libera l’anima. Muove a commozione questo distico esemplare: la mia casa ha perso il tetto/ per guardare il cielo. Sublime istante acceso da un delicatissimo sguardo-nido che oltre l’istante vede e anela, poiché, di là d’ogni manifestazione fenomenica e della incomprensibilità di ciò che accade, nulla è fuori posto, /nemmeno il disordine. Nella concezione di infinito e di limite, nella tricotomia vita-morte-eternità sempre trova posto la rinascita (per bagliori e schiarimenti, /chiari nel bosco e infrattamenti, la verità passa leggera/ di mano in mano /arde il peso delle cose”). Abbiamo detto della leggerezza, cifra cui sono improntati i versi di questa raccolta, leggerezza, però, da non confondere con la superficialità, giacché – e qui si riporta stralcio della profonda e partecipata postfazione di  Isabella Bignozzi –  Luigi Carotenuto “fin dalla prima lirica, esercita il rovesciamento degli opposti: nella progressiva assimilazione tra radiante sopramondo e rischiarata interiorità”, per avvicinarsi a, e infine raggiungere, “quel chiarore intatto, equanime e diffuso, che attende la creatura “partecipe dell’universo” nelle pieghe più intime della sua anima; ma anche la “luce sopra tutti i mondi” delle Chandogya Upanishad”, insieme a quella evangelica, cioè della Parola Sacra in quanto nominazione, e conseguente Creazione  inesauribile, come del resto compete a chi sceglie di dire e di dirsi in parola-segno- forma poetica. Non possiamo infine trascurare la ricorrente parola – chiave presente in larga parte in questa scrittura: la parola cerchio, la figura geometrica contenitiva che è sì, un simbolo, ma più di tutto ci piace pensare raffiguri l’azione, il gesto di racchiudere, del non disperdere, del custodire, dell’abbracciare.  

Luigi Carotenuto (Giarre – CT, 1981 – nella foto di August Columbo), poeta, compositore, educatore, frequenta un corso di pedagogia curativa a indirizzo antroposofico. Tra le sue pubblicazioni di poesia, per i tipi Prova d’Autore ricordiamo L’amico di famiglia (2008) cui segue Ti porto via (2011). Un suo poemetto inedito in volume, Taccuino olandese, è apparso sul n. 48 – Anno 2015- di Gradiva – Rivista internazionale di Poesia italiana (rubrica Sguardi, a cura di Mario Fresa).  Ha successivamente dato   alle stampe Krankenhaus ( gattomerlino, Roma, 2020) e, in Francia Krankenhaus suivi de Carnet hollandais et autres inédits, Éditions du Cygne, Parigi, 2021, curato e tradotto in francese da Irène Dubœuf. Ha contribuito al Dizionario critico della poesia italiana (AA. VV. a cura di Mario Fresa), SEF, Firenze, 2021, con i saggi dedicati a Jolanda Insana e Giovanni Testori. Figura nell’antologia di poeti siciliani tradotti in lingua inglese, a cura di Ana Ilievska e Pietro Russo, Contemporary Sicilian Poetry. A multilingual Anthology. Italica press, Stati Uniti, 2023. Suoi testi sono apparsi su riviste italiane e straniere, tradotti in francese, inglese, spagnolo, serbo. Da più di un decennio collabora con l’EstroVerso, diretto e curato da Grazia Calanna. In veste di compositore, ha scritto brani strumentali, canzoni pop, canzoni per l’infanzia, in gran parte inediti. Cura la rubrica Particelle sonore sulla rivista Niederngasse di Paola Silvia Dolci. 

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