tre domande, tre poesie
Il nostro autore è approdato a questa nuova dimensione lirico affabulatrice e poematica dopo anni di apprendistato poetico e teatrale, riprendendo un suo lontano romanzo, Una Linea di fuga (Adriatica Editrice – Bari 2001) e sviluppandolo in un seguito. Ne è nata una sorta di “prosimetro”, una coesistenza di poesia e di narrativa dialoganti come già in Platone, in Dante (La vita nuova) ma pure in una coralità. Lieve e icastico, il racconto porta gradualmente a compimento narrativo e filosofico la vicenda di Ariele, il cui nome nell’etimologia ebraica è gravido di allegorici significati: leone di Dio, dono di Dio, altare di Dio. Nel tentativo di inseguire e di circoscrivere una verità organica e ambiziosa – soprattutto nella seconda parte di questo racconto – c’è qualcosa di boeziano e dantesco e di presocratico, un afflato conoscitivo visionario riconducibile all’era della filosofia greca più arcaica, anche se non bisogna dimenticare che il sistema ontologico e cosmogonico proposti da Bonsante sono di una raffinata modernità. Ti troverai di fronte ad una sorta di odissea filosofica dove il tema del viaggio e della fuga si intreccia con quello dell’iniziazione e dell’apprendistato sapienziali. (…) Poesia e prosa duettano bene e l’una abbisogna dell’altra: proprio la presenza delle poesie dà un ritmo più veloce e più intenso, così la lettura diventa più fluida e pregnante, visionaria, ma senza perdere in equilibrio e lucidità, senza orfismi in un ritmo incalzante e con una fabula intrigante dove speranza e disperazione, odio e amore confliggono fino alla liberazione finale.
(di Luigi Picchi, dalla prefazione al libro “Voliamo come messaggi” di Matteo Bonsante, Alieante Officina Grafica, 2022)
In che modo la (tua) vita diventa linguaggio, quale è stata la scintilla che ha portato al tuo “Voliamo come messaggi”?
La mia vita è diventata linguaggio (cioè poesia), per specchiarmi in un grande dolore vissuto in tenera età, attorno ai 12/13 anni. E la vita diventa linguaggio nel senso indicato, anche per un generale sentimento allargato della realtà che a volte sembra venirti incontro. Nasce così un desiderio che ti spinge ad accogliere questa realtà ampliata.
Il prosimetro Voliamo come messaggi è il compendio di un’intera vita dedicata alla ricerca del significato dell’esistenza. Ricerca approdata a vari esiti. Ne segnalo qualcuno: È analizzato il concetto di Nulla elaborato da Parmenide, chiarendone il limite. Conseguentemente è ideata una diversa possibile Ontologia. L’uomo preconizzato in questo racconto è un uomo non potenziato nel proprio io ma consolidato nella propria coscienza. È dimostrato – crediamo – che il nichilismo non abbia motivo di sussistere, come è prefigurato dalla seguente poesia:
Tao
(Nel silenzio)
Esteso è il bianco della notte.
Gli umani si svelano (nevica)
per rientrare nel silenzio.
Voliamo come messaggi.
Questa poesia attesta che l’uomo è comunque portatore di un messaggio e che questo messaggio – così come avviene in fisica per l’energia – si trasforma, ma mai si distrugge:
Lasciarsi andate, attraversare
Soli e numeri senza più ancora
né sostegni. Sibilare su giorni inabitati,
senza indicazioni. Credere fortemente
che in fondo all’Ora c’è la pacificazione
e alto spazio e vanto. Non girarsi indietro.
Perché il mondo e i suoi arcani
volano con te, circolarmente con te.
Verso una più ampia tavolozza
di giorni, di sogni e di colori.
Infine è ribadito (poeticamente), che finito e infinito, visibile e invisibile, tempo ed eternità sono uno stesso sguardo, una stessa voce. Una stessa fiamma.
Riporteresti una poesia (di altro autore) nel quale all’occorrenza ami rifugiarti, rivelandoci cosa “muove” la tua “preferenza”?
La poesia che mi si chiede è l’intero Dante, l’intero Omero, l’intero Petrarca, l’intera buona poesia… che alita in tutti i luoghi e da tutti i tempi. Sceglierne una non è possibile. Mi limito a mostrare semplicemente la connessione temporale esistente tra Le voyage di Baudelaire e quella indicata sopra: Lasciarsi andare.
Le voyage
Ô Mort, vieux capitaine, il est temps ! levons l’ancre !
Ce pays nous ennuie, ô Mort ! Appareillons !
Si le ciel et la mer sont noirs comme de l’encre,
Nos cœurs que tu connais sont remplis de rayons !
Verse-nous ton poison pour qu’il nous réconforte !
Nous voulons, tant ce feu nous brûle le cerveau,
Plonger au fond du gouffre, Enfer ou Ciel, qu’importe ?
Au fond de l’Inconnu pour trouver du nouveau !
Il viaggio
O Morte, vecchio capitano, è tempo! Leviamo l’ancora!
Questo paese ci annoia, o Morte! Completiamo il viaggio!
Se il cielo e il mare sono scuri come l’inchiostro,
I nostri cuori che tu ben conosci sono ricolmi di raggi.
Versaci il tuo veleno perché ci riconforti!
Noi vogliamo, tanto ci brucia questo fuoco il cervello,
tuffarci nell’abisso, Inferno o Cielo, che importa?
Al fondo dell’Ignoto voltolare per trovarvi il nuovo.
Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro, “Voliamo come messaggi”?; di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere.
Le poesie introdotte in questo racconto, sono state composte prima della ideazione di questo prosimetro. Almeno per quanto riguarda la seconda parte. E sono state inserite perché, come acutamente asserisci il Professor Luigi Picchi nella sua densa prefazione: ‘Poesia e prosa duettano bene e l’una abbisogna dell’altra’. Vale a dire che le poesie illuminano il racconto e sono a loro volta rischiarate dal racconto.
Ecco le tre poesie proposte:
Terra del mistero
Verrà il giorno in cui la notte
si verserà
simile ad un grumo di astri.
Spenta.
Nelle vene il freddo della terra. Il buio
risucchiato. Raccartocciato. Splenderà nella
sua bava tra i rami del verderame siderale.
Per anni t’ho abitata in me, terra,
col giro delle ore. Manciata di cristalli senza
scampo. Di fango. Teli cuciti coi merletti rossi
del mio sangue che brilla al grido della
strada.
− La brezza, certo la brezza, ci coglie
sul mattino.
I mattini come navi d’assalto sui giri delle
stelle. Terre rosse. Terre d’ocra. Terre d’uva
del corpo del caos. Terre di pellegrinaggio.
«Un pugno di cenere sarà tuo specchio in me
del tuo domani in ciò in cui tu mi veda»
(Non giungono più parole).
In quale giro di violette spandi la tua voce di
aria e di morte?
Terra
− volto del caso
− sacrificio perenne
− raggio in cui scorre il già domani
perché ancora ti oscuri e premi in me?
Sono pronto ai sentimenti.
Gonfio di Luglio.
Terra del mistero.
Il Paesaggio…
Il paesaggio − vivo, liquescente, luminoso −
è disteso nel paesaggio, nell’indistinto.
Non coglie la luce che spiove come grano.
Non coglie l’Ora, che scorre come nebbia,
impercepita.
Una quiete abissale senza fondo pervade
la spianata non redenta delle cose, riversa su se stessa,
nell’insignificanza.
Le rondini tagliano l’azzurro, su per i cerchi
raggomitolanti delle altezze.
E il prodigio/purgatorio si erge e si conforma
nell’esperienza acuta dei viventi.
La vetta è il cuore toccato dai primi raggi
delle Ore. Colte nelle prime forme delle cose.
Un’improvvisa strenua eco
Un’improvvisa strenua eco
ed è la morte.
Un denso cinguettio ti scioglie,
ti coglie e ti conduce in più
distese stanze.
E colonne mozzate.
Ma se ti sporgi e spargi,
ti colma il fresco sussurrio
del vento del nord.
Chiara rugiada di un perenne
splendore.
Ed è l’Ora di tutte le ore
per l’assorto viandante.
L’ora delle stelle vaghe
e veggenti.
Che ad una ad una raccogli
in ginocchio
e porti via con te. Nella notte
che albeggia.
—
Matteo Bonsante (1935) nasce a Polignano a Mare (BA), vive a Bari. È autore di sillogi poetiche: Bilico (1986), Zìqqurat (1996), Sigizie (1998), Poesie (1954-2004) raccolta ricompositiva che comprende le già citate, e le inedite: Esperidi, Nugelle e Prime Poesie. Successivamente pubblica: Iridescenze (2007), Dismisure (2010), Lapislazzuli (2011), Simmetrie (2013). È anche autore di drammi: Caldarroste (1981), Dietro la porta (1984), Per solo donna (2004), Le talpe sono in volo (2014). È autore anche di romanzi brevi: Una linea di fuga (2001), Sperduto (2003). Su YouTube si può trovare quasi interamente la raccolta di poesie Bilico, letta dallo stesso autore. E anche il dramma Caldarroste, realizzato dalla RAI di Bari, con Tina Tempesta e Vito Signorile. Regia di Matteo Bonsante