Mirò, alla scoperta di una realtà ‹‹profondamente poetica››

Joan Miró
Joan Miró

Forme e segni semplici, appena accennati o marcati, che lasciano intuire nulla o qualcosa, ora una donna, ora un occhio, una stella, il sole, un corpo, uno strano uccello; e poi i colori, pieni di luce, ampiamente distesi sulla tela o incorniciati da spesse pennellate nere senza oggetto né titolo, ed ancora chiazze, gocciolature, impronte… tutto ciò che è fantasia, sogno, impulsività, essenza, creazione pura, immediatezza, evasione dal reale, movimento, sperimentalismo, concorre a creare l’arte del pittore catalano Joan Miró (1893-1983) che, dopo la tappa romana, è possibile osservare ancora, fino al 7 aprile 2013, al Palazzo Ducale di Genova dove è stata allestita la mostra “Miró! Poesia e luce”, prodotta da Arthemisia e 24 Ore Cultura e curata da María Luisa Lax Cacho, in collaborazione con la Fundació Miró di Palma di Maiorca che ha prestato le opere. Una piacevole pausa verso un immaginifico regno della fantasia, capace di stupire i bambini, privi di preconcetti ed anguste gabbie di pensiero, e di far sorridere quegli adulti che hanno conservato uno spirito puro e che sanno godere della magia dell’arte. Sono cinquanta oli di grande formato ma anche acquerelli, bronzi e terrecotte, a costituire il nucleo della mostra cronologica e tematica che si concentra essenzialmente sugli ultimi trent’anni di attività dell’artista, trascorsi a Palma di Maiorca, luogo definito da Miró simbolo di poesia e luce, come preannuncia il titolo della mostra, e al quale egli si sentiva indissolubilmente legato non solo per le sue caratteristiche ma in quanto paese d’origine della madre.  

Qui si trasferì nel 1956 e realizzò il suo sogno di un grande studio, ricostruito in mostra con gli arredi originali, in cui poter lavorare liberamente, mettendo da parte pennelli e cavalletto e sperimentando, in un prolifico fervore creativo, nuovi mezzi e tecniche espressive che lo portarono a camminare sulla tela, a bucarla, a spruzzarvi sopra il colore o a lasciarlo gocciolare, spesso stendendolo con le mani. Il processo di creazione artistica di Miró, apparentemente semplice ma carico di un senso profondo e di significati nascosti, si poteva riassumere, per sommi capi, in tre fasi: seguire un impulso, organizzare le forme ed arricchire infine la composizione. Dietro a tutto ciò un artista che non aveva confini e non amava incappare in “etichette” artistiche che lo definissero surrealista o astrattista: ‹‹Voglio scoprire la realtà profonda ed oggettiva delle cose, – disse – una realtà che non è superficiale e neppure surrealista, ma è profondamente poetica››.

 

 

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