“La notte non è meno meravigliosa del giorno, non è meno divina; di notte risplendono luminose le stelle, e si hanno rivelazioni che il giorno ignora”. Tacitamente sovviene la riflessione di Nikolaj Berdjaev per introdurre “L’insonnia di Osvaldo” che, come la poesia “Dormiveglia” (l’EstroVerso n. 1 Gennaio – Marzo 2013), sostiene, scandagliandolo, il tema dell’insonnia; un itinerario (florido) denso di percezioni, di attimi in cui ci si raffronta in dolente (provvidenziale) solitudine, cinti al buio illuminante delle ore notturne.
gc
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La pessima idea sta sul palmo
e questa mano che si allunga
prende senza restituire mai
quei pochi sussurri liquefatti all’orecchio
così spogli di ogni buia costrizione
da riempire i miei vuoti di rose
sputandomi addosso neri verdetti
che alla fine sono un po’ come burro al sole
in un involucro di dispiacere plastico
messo lì da qualche parte a marcire
evitando una diffusione urlata a pezzi sparsi
e che aspetta il totale scioglimento finale
che si trasforma in un rigagnolo in discesa
pieno di speranze oleose insinuate nella mente
che tacciono piccoli sotterfugi maleodoranti
i quali provano ad entrare di tanto in tanto
nella mia verginità posteriore senza successo
visto che tento il sonno a pancia all’aria spesso
ma è solo un giorno in più e se ne vivrà l’illusione
lungo ogni strada che è il percorso
a strettoie e curve sempre incuranti
delle gesta quasi commestibili tutte intorno
agitate come bandierine bianche da frulla-minchia
severamente seri e praticamente insensati
perché qui l’effetto memoria brilla in standby
come quell’odiosa lucina rossa sempre accesa
davanti ai tuoi occhi nella notte al neon selvaggio
con il battito del cuore che invade il buio
in una ballata che ti accompagna fino al mattino
togliendoti vizi e virtù come un esattore pallido
che nella luce tende le sue dita impietose e viscide
verso le mie labbra che si seccano al primo sole
e che si fanno riguardi assurdi
davanti alle mie domande sporche di caffè.
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