Piera Oppezzo, “Esercizi d’addio”. Poesie inedite 1952-1965, Interno Poesia Editore, 2021.

Il contributo di Piera Oppezzo alla poesia degli ultimi decenni del secolo scorso è originalissimo e difficilmente classificabile. Se, già in parte con la raccolta einaudiana, e più marcatamente con quella successiva (Sì a una reale interruzione pubblicata con Geiger, la casa editrice di Adriano Spatola, nel 1967), la sua scrittura è accostabile alle istanze di certa sperimentazione di segno avanguardista, è innegabile che sia stata un’autrice dotata di una propria particolarissima cifra espressiva. Non è un dato trascurabile il fatto che, donna, cominci a pubblicare in anni in cui la scrittura femminile ancora fatica molto ad affermarsi (cosa che avverrà soprattutto dopo l’ondata femminista degli anni Settanta e non a caso la poesia di Oppezzo è presente in una delle antologie che segnarono un punto di svolta in questo senso, Donne in poesia di Biancamaria Frabotta, del 1976).

(dalla Prefazione, di Giovanna Rosadini)

Queste poesie di Piera Oppezzo, che coprono il periodo 1952-1965, non sono mai state pubblicate in volume e alcune di esse erano praticamente scomparse dopo una breve apparizione nel bollettino aziendale della Rai e in riviste letterarie dell’epoca. Vi si ravvisano, in una quasi programmatica evoluzione dello stile, i temi che caratterizzano la produzione degli anni della maturità.

(dalla Nota introduttiva, di Luciano Martinengo)

Sul piano prosodico e stilistico, Oppezzo si colloca indubbiamente entro un orizzonte di versoliberismo, con sfumature di provocazione sperimentale piuttosto diffuse. La predilezione per termini desueti secondo un gusto aulico straniante, l’uso analogico delle preposizioni e le interiezioni esclamative a inizio verso si evolvono progressivamente in uno stile dal sapore neoavanguardista, quando il linguaggio della prosa entra nella poesia e la sintassi è elencativa al punto di divenire martellante fino al parossismo, sintomo di una dizione nevrotica e compulsiva. Ed è pienamente oppezziana la centralità assoluta della dilatazione e del silenzio, che assurge a componente primaria della sua poesia: la punteggiatura dirada progressivamente e si perde la coincidenza tra metro e sintassi.

(dalla Postfazione, di Gaia Carnevale)

 

sei poesie da “Esercizi d’addio”. Poesie inedite 1952-1965, di Piera Oppezzo,
a cura di Luciano Martinengo, prefazione di Giovanna Rosadini, postfazione di Gaia Carnevale, Interno Poesia Editore, 2021.

 

 

Neve e vento

Fermati,
dove la neve è intatta
e dormi.
Fra mura giganti,
su per strade tese e percorse,
non saresti che bruma dolente
– già la nebbia più fitta ti avvolge. –
Ascolta il soffio del vento,
sarà per te
l’abbraccio delle lontananze.

’52

Meravigliosa sera

Meravigliosa sera,
mi apro al sentimento
del tuo esistere e dico:
se ho dato segno di preghiera
e temuto la noia come enigma
perché, giorno, ti cancelli
solitario e già eguale?

gennaio ’55

Perdono

Perdono sempre
alle cose
che si negano a me;
ho pietà
del mio dolore
e così risorge.

febbraio ’55

Amore

Ti amo, per le infinite
strade del mondo,
per i giorni di pioggia
e l’accendersi lento del sole:
tutte cose che vedo ricordandoti.
Ma, soprattutto, ti amo
per la tua consapevole vita.

settembre ’56

Vento

Il vento rivelò la perfezione
Delle luci e delle ombre
Fra segni particolari della realtà.
Rivelò che i rami degli alberi
Sono il miglior disegno
E i cartelloni pubblicitari
La più spasmodica attività.
Odor di polvere sul corso
Dove corrono le foglie
E odor di fritto guizzò dalla trattoria.
Di questi segni
Arricchì la sua giornata
E provò la spinta della contentezza.

maggio-giugno ’58

Con dubbio

Con dubbio
Avversando le parole
Ma tremando
Per la loro provocazione
I popoli, le nazioni
Nella difesa
Misureranno i fatti
Che da esse sono nati
Anche se esse erano i segni
Della non possibilità
Di comunicare.

’63

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