Rosario Trovato, curatore del libro “Il corvo e altre poesie” di Edgar Allan Poe: “la poesia è la più alta espressione della natura umana”.

Edgar Allan Poe, uno dei più grandi e geniali poeti, forse famoso più per i suoi racconti del mistero che non per le sue poesie, deve tuttavia essere incluso, a buon diritto, tra i fondatori della moderna lirica europea, se non mondiale. La sua poetica, di cui ben presto si sarebbero appropriati tutti i poeti della modernità, dai simbolisti francesi – Baudelaire, Mallarmé, Valéry – ai nuovi poeti spagnoli – Bécquer, Rubén Darío, Garcia Lorca e tanti altri –, è condensata ne Il corvo, piccolo gioiello della letteratura universale, in cui Poe esprime i principi fondamentali dell’estetica moderna: originalità e bellezza non più frutto dell’ispirazione, ma prodotto di una lucida e rigorosa costruzione formale che sta all’origine della poesia e in cui risiede il vero significato dell’opera che è, giustappunto, prodotto dalle forze suggestive del linguaggio.

Curatore del libro Il corvo e altre poesie di Edgar Allan Poe (Algra), il prof. Rosario Trovato (che abbiamo intervistato). Trovato, oltre a corsi e manuali di Lingua spagnola, ha pubblicato vari articoli sulla letteratura spagnola e ispano-americana (Gonzalo Torrente Ballester, Ana Rossetti, J. L. Borges, ecc.), ma si è principalmente occupato di traduzione, pubblicando varie opere dei più noti autori spagnoli (Góngora, Lope de Vega, Bécquer, Unamuno, Rosalía de Castro, Pardo Bazán) e antologie di poeti spagnoli e ispanoamericani contemporanei (Antonio Carvajal, Mar García Lozano, Octavio Paz, Francisco Castaño, Elena Martín Vivaldi). Per aver contribuito alla diffusione della letteratura spagnola in Italia, il 19 maggio 2014 è stato nominato accademico della Academia de Buenas Letras di Granada.

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1 La poesia

Nei tempi in cui viviamo, l’industria culturale, con il suo caotico dilagare attraverso le varie reti informative – radio televisione, internet, ecc. – ed il suo irrefrenabile consumismo, produce un’ondata di inflazione che, anche se non genera un sovvertimento di valori, compromette tuttavia la sensibilità e la coscienza non solo della poesia, ma dell’arte in generale.
La poesia è sempre stata considerata come la letteratura per eccellenza, ma oggi, per molti, la poesia non è altro che un vago ricordo scolastico; si preferisce ascoltare una telenovela o il festival di Sanremo anziché leggere poesia, perché comprendere la poesia comporta uno sforzo da parte del lettore.
La poesia è la più alta espressione della natura umana; in un lampo, in un attimo, riesce a darci un’illuminante intuizione sul senso della nostra esistenza.
Per esempio il nostro conterraneo, Quasimodo, in soli tre versi riesce a esprimere l’essenza della condizione umana:

ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole
ed è subito sera.

Il dolore, la tristezza, la solitudine, la finitezza e la miseria del destino dell’uomo.

La poesia è il modo più diretto e compiuto di farci riflettere sul mondo e sulla nostra esistenza: ecco perché è necessaria.
Pasolini diceva: Morirò io, morirà il mio editore, moriremo tutti noi, morirà tutta la nostra società, ma la poesia resterà.

2 E. A. Poe
Poe in uno dei suoi saggi definisce la poesia come creazione ritmica della Bellezza, ma poi aggiunge che lo scopo ultimo della poesia è la verità.
Personalmente ritengo che lo scopo della poesia sia piuttosto quello di illuminarci – di farci riflettere, come ho detto prima, – sul senso della nostra esistenza.
Ovviamente con “creazione ritmica” Poe allude alla musicalità della poesia e spiega anche il modo in cui si fa poesia.
Nel suo saggio, Filosofia della composizione, oltre a dare consigli su come costruire una poesia, indica quali possono essere i temi più poetici e tra questi dice che il più frequente e più importante, sia per l’autore sia per il lettore, è indiscutibilmente l’amore, soprattutto se accompagnato da un tono di tristezza per la perdita della donna amata.
Così scriveva anche Leopardi:

Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte
ingenerò la sorte.
Cose quaggiù sì belle
altre il mondo non ha, non han le stelle

Il tema di amore e morte (Eros e Thanatos, tanto caro al Leopardi) ispirò alcune delle più belle poesie di Edgar Allan Poe e non pochi critici ritengono che questo tema, molto frequente nella sua poesia, nasca dalla ripetuta perdita di donne che aveva amato nell’arco della sua vita.
L’altro aspetto, essenziale nella poesia del Poe e che mi colpisce particolarmente, è la logica stringente con cui costruisce non solo i suoi racconti polizieschi ma anche le sue poesie – come egli stesso afferma – con la precisione e il logico rigore di un problema di matematica.

3 Traducibilità
A priori (epistemologicamente) ogni traduzione – soprattutto quella poetica – è impossibile. Tuttavia, appena si traduce, diventa possibile: si realizza la traduzione. E, visto che in linea di principio la traduzione è impossibile, non possono esistere teorie al riguardo.
In una traduzione dovremmo avere la stessa opera sotto due forme diverse (in un doppio linguaggio), il che non è possibile, poiché al significato di una poesia concorrono le parole, il metro, il ritmo e ogni altro elemento della poesia (persino le virgole); in altre parole avviene una semantizzazione degli elementi non semantici (sintattici).
La sostituzione di una sola parola basta a rompere l’incantesimo. Si pensi a “e il naufragar m’è dolce in questo mare”; se dicessimo “e in questo mare m’è dolce il naufragare” già sarebbe un’altra cosa.
Potremmo concludere dicendo che la traduzione è impossibile, ma nonostante tutto, si continua a tradurre perché se è pur vero che non può esistere una equivalenza perfetta, si potrà sempre rendere in un’altra lingua il “senso”, cioè non le parole e neanche l’idea o il pensiero, ma il sentimento – che io chiamo “senso” – che l’autore voleva comunicare.
Qualsiasi traduzione non sarà mai perfetta. Cervantes diceva che tradurre è come «guardare gli arazzi fiamminghi dal rovescio», si vedrà il disegno generale ma si perderà la lucentezza e splendore dell’originale; e ancora Ortega y Gasset, filosofo spagnolo, dice che la traduzione è una «approssimazione all’originale».
La migliore traduzione che esiste al mondo è l’Iliade del Monti (c’è anche chi afferma che abbia superato l’originale!!)
Chiedere “come si traduce” equivale a chiedere: come si scrive una poesia?

4 Ispirazione o costruzione?
Edgar Allan Poe si meraviglia di quanto siano vanitosi gli scrittori e a tale proposito scrive:
La maggior parte degli scrittori, in special modo i poeti, preferiscono lasciar intendere che essi compongono in una specie di raffinata frenesia, di una estatica intuizione
Questi scrittori non permetterebbero mai che il lettore potesse vedere la difficile e accurata elaborazione che sta dietro ogni opera. Pensa inoltre che sarebbe molto interessante uno scritto di qualche autore «che volesse, cioè potesse» spiegare i procedimenti attraverso cui l’opera viene realizzata.
Poe si propone quindi di colmare questo vuoto esponendo in un suo saggio, La filosofia della composizione, i criteri secondo cui ha composto le proprie opere e a tale scopo dice di scegliere Il corvo per essere questa l’opera più conosciuta. Spiega chiaramente come ogni particolare della poesia non è stato frutto di ispirazione o di intuizione, ma che l’opera si è sviluppata, passo dopo passo, con la precisione e la logica di un problema di matematica.
Poe deve essere considerato uno dei primi, se non il primo, tra i fondatori della moderna lirica europea. Nella sua opera, specie nel Corvo, esprime i principi fondamentali dell’estetica moderna: non più frutto dell’ispirazione, ma prodotto di una lucida e rigorosa costruzione formale.
Come ha detto qualcuno “gli dei ci regalano un verso, il resto è lavoro e fatica dell’autore”.

5 Scelta di una poesia.
Ce ne sono parecchie che sono molte belle (Ulalume, Il sogno dentro un sogno, A Elena, ecc.), ma preferisco quella con cui chiudo il libro: Annabel Lee, una poesia amata da molti, tra cui Claudio Baglioni che vi ha apposto la musica.
La poesia è dedicata a Virginia, la giovane moglie morta prematuramente nel 1847, all’età di 25 anni. Verrà pubblicata nel «New York Tribune» il 9 ottobre del 1849, due giorni dopo la morte del poeta.
In essa il poeta descrive l’amore della prima infanzia per la misteriosa “Annabel Lee”. In certo modo somiglia al Corvo: la struttura è perfettamente uguale, l’ottonario, semplice o doppio e per quanto riguarda l’argomento ricorre nuovamente l’amore e la pena per la scomparsa della donna amata. Tuttavia mentre ne Il Corvo l’angoscia e la disperazione del giovane innamorato sono assolute e totali; c’è un senso di ineluttabilità e non c’è più posto per nessuna speranza, in Annabel Lee il giovane si sente ancora legato alla sua Annabel Lee e dice che l’amore è più forte della morte e che né il cielo né le stelle potranno mai separarli, lasciando così immaginare che un giorno staranno di nuovo insieme.
E il mio cuore da quell’ombra che fluttuando giace a terra
più non si alza ormai – mai più.
Questi gli ultimi versi de Il Corvo, mentre in Annabel Lee il Poe scrive:

E poiché la luna splende e mi porta sempre i sogni
della bella Annabel Lee;
[…]
io così, la notte intera sto disteso fianco a fianco
della cara – la mia cara – vita mia e sposa mia

in cui non c’è più disperazione, ma la malinconica serenità di chi accetta il destino umano e si rifugia nel dolce ricordo della donna amata.

 

la foto in copertina, è stata scattata in Spagna circa vent’anni fa durante un congresso da un famoso fotografo, Francisco Fernández (1945-2022) professore presso la Facoltà di Belle Arti di Granada, doctor honoris causa dell’Università di Montfort (Leicester) e che ha ricevuto vari premi in Europa e in America.