a cura di Sebastiano Grasso
Il dato: dal 10 luglio al 4 settembre 2021, in quel di Caltagirone, presso ‘Scalamatrice33’ è visitabile, su appuntamento, il primo atto di ‘Diario di bordo – cronaca di una pandemia – in due atti’, mostra di pittura e scultura in cui sono esposte quarantuno opere di altrettanti artisti: Turi Aquino, Salvo Barone, Giovanni Blanco, Maria Buemi, Giuseppe Calderone, Luca Scandura (Calusca), Giulio Catelli, Ezio Cicciarella, Alessandro Finocchiaro, Sebastiano Grasso, Giovanni La Cognata, Salvatore Lanzafame, Stefania Orrù, Maurizio Pierfranceschi, Cetty Previtera, Santo Previtera, Giuseppe Puglisi, Paolo Strano, Salvo Catania Zingali e Piero Zuccaro, Riccardo Badalá, Anna D’Amico, Salvatore Di Franco, Rosario Genovese, Santina Grimaldi, Corrado Iozzia, Salvo Ligama, Carmelo Minardi, Alfio Pappalardo, Maurizio Pometti, Marco Privitera, Lucia Ragusa, Filippa Santangelo, Salvatore Santoddí, Federico Severino, Angelo Sturiale, Samantha Torrisi, Francesco Trovato, Alice Valenti, Angela Vinci, Salvatore Zimone.
La notizia: ‘Scalamatrice 33’ nel tempo che funge da spartiacque tra la dimensione pandemica e il colore della vita ha confermato, e affermato, la sua vocazione genetica: esercitare comunione, confronto, partecipazione emotiva e votiva, in nome e per conto dell’arte. Apro una parentesi.
La formula espositiva proposta da ‘Scalamatrice33’, per certi versi inedita, è conseguenza di due criticità rilevabili all’interno del settore artistico.
Il primo riguarda l’aspetto umano. I luoghi espositivi sono vincolati da gerarchie, dinamiche di salotto, leggi di mercato, meritocrazia. Luoghi in cui, non di rado, si sperimenta ansia capace di condizionare la spontaneità. Infatti, sappiamo che la performance creativa; il confronto artistico, generano tensione emotiva, spesso invalidante.
Il secondo chiama all’attenzione l’aspetto economico. L’effetto valanga della diffusa crisi ha portato al lumicino le risorse a disposizione degli enti espositivi, ridotto il potere di acquisto, costretto molte gallerie alla chiusura. Peraltro, ad alimentare l’ulteriore senso di smarrimento, disinteresse e solitudine che il locale sistema arte sta vivendo è la perdita di assoluti catalizzatori: Piero Guccione, Sonia Alvarez e Franco Battiato; attorno a queste importanti figure si amplificò lo stato di grazia vissuto dall’arte nell’area sud-orientale della Sicilia tra la metà degli anni 90’ e gli anni 10’.
Con una visione profetica degli avvenimenti potrei dire che, gli artisti anzitempo hanno iniziato a sperimentare l’esperienza del deserto pandemico.
La soluzione al problema (il cambiamento) sta negli anticorpi generati dal sistema sociale a seguito di una crisi; al tal riguardo, ricordo una nozione di termodinamica: ‘quando un sistema giunge al suo punto di caos è prrevedibile un ripristino dell’equilibrio a un livello superiore’ (entropia). L’attesa risposta arriva nel 2016. A Caltagirone, a metà della scalinata in ceramica più famosa e originale al mondo, aprono le porte due stanze: la loro essenza è domestica e la vocazione sembra scritta nella pietra come un mantra misterioso che chiama a sé la dimensione aurea – in una parola ‘Scalamatrice33’. La location, seguendo una politica tesa a incentivare il dialogo, il confronto propedeutico, il rapporto umano, iniziò a promuovere eventi artistici. La rivoluzionaria ricetta proposta dai padroni di casa, Peppe Cona ed Elide, generò un’eco in grado di oltrepassare i confini dell’orizzonte.
Stefania Orru (artista, 2019) «Scalamatrice 33 (il luogo fisico e il suo inventore Peppe Cona) è una Casa. L’ho percepita da subito così e qui la parola casa non indica un’architettura, una proprietà o il senso di appartenenza a luoghi, famiglie, culture, ma esprime piuttosto ‘il confine all’interno del quale si può preservare e ridefinire la propria identità’. E’ il luogo del ritorno, della scoperta di ciò che forse già c’era e che ora finalmente riusciamo a vedere, sostenuti proprio da quel senso di serenità domestica che apre alla possibilità di spingersi oltre, senza neanche accorgersi, fino a trovarsi migliorati pensando di essere stati sempre così»;
Salvatore Lanzafame (artista, 2019) «A conclusione dell’atto del ‘dire’ nessuna traccia risolutiva permane…Al contrario, il ‘fare’ si organizza come processo creativo, si determina in molteplici aspetti, come le vicende che quel terrazzino di papaveri già conosce e ogni fiore rosso è segno unico. Gli ospiti di Scalamatrice33 vivono sinergicamente l’esperienza generosa della condivisione, testimonianza di cultura, arte e bellezza. Trovare il metodo, sperimentandolo, è il segno distintivo del ‘fare’ stesso»;
Calusca (artista, 2019) «Ritengo che l’essenza e la forza di Scalamatrice33 sia, sin dall’inizio della sua costante programmazione, l’accoglienza, intesa proprio come curiosità di scoprire l’espressività altrui attraverso la frequentazione e la condivisione, in ‘casa propria’, del carattere e del gusto di ogni artista lì volutamente ospite passeggero senza casco!».
Ciò che in definitiva si sperimenta in questo ambiente è energia. «Non sono artista e nemmeno un critico d’arte, semplicemente una persona a cui piace l’arte.» ci dice Peppe Cona e sottolinea, con la notoria sincerità d’animo che lo contraddistingue «Non sono neanche tra coloro che definiscono arte qualunque esercizio creativo messo in atto da persone intraprendenti. ‘Scalamatrice33’ è semplicemente una visione, nata per caso e sviluppata con la forza della purezza che porta con sè. Una forza quasi esoterica che riesce ad attrarre solo chi di quella purezza è munito, mentre non sortisce alcun effetto verso chi non ha nobili finalità.». Chiudo parentesi.
Tornando alla notizia. Il 10 luglio 2021 ‘Scalamatrice33’, appunto, rompe il silenzio con ‘Diario di bordo’ e dà voce all’artista, al suo incessante ‘fare’ vissuto nel viaggio in solitaria all’interno della dimensione virale. Il risultato non presenta soluzioni inedite, ma ciò che di bello e interessante può nascere dalla visione del quotidiano insistere, o resistere; Rocco Giudice, oltre ad avere curato l’apparato didascalico delle 41 opere, presenta la mostra in questi termini: « …tanto tempo trascorso a casa a contemplare da remoto il mondo… mi ha permesso, per non dire costretto a confermare… la convinzione che l’arte in carne ed ossa è l’esperienza in diretta, in tempo reale, live, non possano essere surrogate… Il fatto è che l’immagine pittorica ha consistenza e peso… e la pittura deve rendere la flagranza dell’oggetto attraverso tutti i sensi comprimendoli in una sola forma… L’arte è un dono e a noi non compete altro che accoglierlo.»
A pomeriggio inoltrato, dopo avere visitato la mostra, la strada di ritorno per Acireale mi offrì un’interminabile frame di cielo assolato, sudore e il quieto silenzio disegnato sul volto di Tiziana, Giuseppe e Calusca, i miei compagni di viaggio; ma anche il profumo dell’ambra calda adagiata sui campi. ‘Line Eyes’ (motivetto degli Eagles) iniziò a frullarmi in testa: note leggere, quelle che servirebbero a mordere più forte la strada, a sfidare l’orizzonte e chiudere la partita con il caldo. Eppure in me era ancora vivo il ricordo di un’altro calore, quello che poco prima la scalinata più bella del mondo mi aveva regalato: un abbraccio di gruppo, un abbraccio all’insegna della ‘diversità’, quella che rende celebri le persone meno comuni – per dirla tutta – una indimenticabile generazione di artisti.
(seguono le opere presenti nel ‘primo atto’)