Victoria Surliuga. apnea, la poesia inaddomesticabile

cop victoria surliuga

“[…] la poesia renderebbe conto nel linguaggio di ciò che, in quanto arte e differenza delle arti, costituisce bordo e taglio del linguaggio”.

 (Jean-Luc Nancy)

Esce in una pregevole veste, sotto la cura esperta di Paola Gribaudo per le edizioni disegnodiverso, il libro di Victoria Surliuga che ai versi unisce le 18 illustrazioni (tecnica mista su carta) dell’artista Ezio Gribaudo (appartenenti a un periodo cronologico compreso tra il 1967 e il 1982) più la copertina, raffigurante l’opera “Teatro della memoria” (tecnica mista), del 1984-89. La sinergia estetica di questo duetto e dialogo tra parola scritta e segno visivo, ci sembra raggiungere un equilibrio formale preciso, ottenuto tra le oscillazioni di reale e onirico, con la tentazione provata, per chi legge e guarda questo volumetto, di venire come risucchiato dal singolo testo e dalla singola opera in quanto portatrice di abissi oscuri, vette fiabesche, impasti e grumi di fascinazione surreale, chiarezza e oscurità in costante divenire, quel baluginare che è prerogativa seducente dell’arte (in tal senso, appare convincente il discorso di Barthes: “La parte più erotica di un corpo non è forse dove l’abito si dischiude? […] è l’intermittenza, come ha ben detto la psicanalisi, che è erotica […] è proprio questo scintillio a sedurre, o anche: la messinscena di un’apparizione-sparizione” (Il piacere del testo, Einaudi, 1975). C’è qualcosa di “intrattabile” nella poesia di Victoria Surliuga, inaddomesticabile a una critica che spesso si riduce a pacifica esegesi e orizzontale appianamento dei lati più disturbanti e scheggiati di un’opera. Una poesia dei corpi estranei (vedi le lame, le forbici, la plastica, citate spesso), con un ossessivo richiamo al taglio («questi tagli sono sentieri / senza via di ritorno», p. 7), con atmosfere che mettono a soqquadro il clima e l’esperienza narrata, si tratti degli anni dell’infanzia, scanditi dalla scuola e dal tempo libero, le tinte oscure e paranoiche destabilizzano il lettore, che si trova come a galleggiare in un limbo, nell‘apnea azzeccatissima del titolo, che potrebbe suggerire, oltre all’immersione nei ricordi, un sinonimo di suspence, seguendo un indizio che offre la stessa autrice in un’intervista di alcuni anni fa, rilasciata a Maria Giovanna Farina, dalla quale estrapoliamo alcuni passaggi: “i miei temi in poesia sono soprattutto distorsione di quello che vedo e anche del vissuto e di quello che elaboro attraverso i sogni. Non mi piace particolarmente scrivere di gioia e di bene, sono attratta dalle espressioni negative della vita anche perché per l’ottanta per cento, da un punto di vista energetico, non siamo attorniati da positività”.

E ancora: “Il negativo fa parte anche dell’osservazione nel senso che siamo tutti influenzati da quello che vediamo e da quello consumiamo in termini di produzione culturale intorno a noi. Ciò che si vede in narrativa è la tendenza verso il romanzo noir, la narrativa americana che viene tradotta in italiano va verso questa direzione, ciò che si chiama il male, la zona oscura. C’è una tendenza a ciò che una volta veniva identificato come il dualismo bene-male. Nel senso che adesso si tende al gioco sul grigio perché c’è una vacuità morale, non in senso di giudizio giusto o sbagliato, ma c’è una vacuità morale per cui si sta sempre nel mezzo”.

L’abile gioco di frizione tra i diversi piani e registri crea una indubbia forza perturbante in questa poesia dove regnano a tratti distopia e incubo, paure tangibili e visionarie, «spingevo da sempre l’anima coi gomiti / come facevo con la valigia piena di libri» (p. 37), deformazioni alla Max Ernst dentro una plasticità verbale notevole e un’immaginazione attiva.

1 Ezio Gribaudo. Casa Toraja, 1982, tecnica mista su carta e collage, 45 x 62 cm.
1 Ezio Gribaudo. Casa Toraja, 1982, tecnica mista su carta e collage, 45 x 62 cm.
2 Ezio Gribaudo. Cavalli, 1981, tecnica mista su carta, 44 x 60 cm. - Copia
2 Ezio Gribaudo. Cavalli, 1981, tecnica mista su carta, 44 x 60 cm.

 

 

 

Victoria Surliuga. apnea. Torino, disegnodiverso, 2015. Con illustrazioni di Ezio Gribaudo.
Per gentile concessione dell’Archivio Gribaudo
Copertina:
Ezio Gribaudo. Teatro della memoria, 1984-89, tecnica mista, 160 x 120 cm.

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