Ogni credo, religione ha tentato di indagare la natura del maligno. Molteplici e diverse sono state le interpretazioni fornite. Ma a noi basta aver appreso che trattasi anche questa di opera di Natura. Con cui condividiamo la stessa terra, lo stesso cielo. Perché occorre ammetterlo, diversamente da ciò che è prettamente divino, il male lo capiamo. Sarà che Abele morì e noi siamo tutta progenie che per capostipite ha avuto un uomo capace di uccidere. E ancora oggi, mentre esistono commissioni capaci di bloccare contenuti per aver intravisto dei capezzoli femminili, in televisione la morte violenta è raccontata in tutte le sue più macabre sfumature a qualsiasi ora del giorno. Quindi mi pare molto ammissibile che esista uno Zebù bambino, un piccolo diavolo. Uno o più. A seconda di quanto profondo è il nostro esame di coscienza. Le poesie di Cortese infatti non sono declinate al passato remoto. E torno a ripetere che ognuno di noi, almeno a sé medesimo, dovrebbe ammettere che accanto al “Fanciullino”, nella stessa stanza, forse per terra o su un altro lettino dormiva Zebù bambino. Perché quello che chiamiamo il “male” e abbiamo relegato in qualche lato oscuro disciplinandolo per etica e morale, non ha mai smesso di palesarsi. Rivendica ogni giorno la sua presenza sulla cronaca. Ma c’è una differenza. Se a noi è consentito esercitare una larga parte un minimo di arbitrio, per Zebù bambino non è possibile. Lui è così, agisce come sente. Se picchia i suoi compagni di scuola più indifesi lo fa per pura esigenza di confermare la sua natura. E non basterebbero orde di psicologi o esorcisti a spiegargli che quello è male. Perché il bene si interroga continuamente, il male no. Questo sono le mie riflessioni dopo aver letto i 21 testi del poemetto di Davide Cortese. Testi che vedrei perfettamente recitati un una performance teatrale. Perché la scrittura del poeta, così limpida e serena nel raccontare senza giudizio questo bambino, fa di lui di un personaggio veramente interessante. Proprio per l’innocenza con cui agisce. Un vero e proprio enfant terrible.
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Davide Cortese è nato nell’isola di Lipari nel 1974 e vive a Roma. Si è laureato in Lettere moderne all’Università degli Studi di Messina con una tesi sulle “Figure meravigliose nelle credenze popolari eoliane”. Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, titolata “ES” (Edizioni Edas), alla quale sono seguite le sillogi: “Babylon Guest House” (Libroitaliano) “Storie del bimbo ciliegia” (Autoproduzione), “Anuda” (Aletti. In seguito ripubblicato in versione e-book da Edizioni LaRecherche.it), “Ossario” (Arduino Sacco Editore), “Madreperla” (LietoColle), “Lettere da Eldorado” (Progetto Cultura), “Darkana” (LietoColle) e “Vientu” (Poesie in dialetto eoliano – Edizioni Progetto Cultura). I suoi versi sono inclusi in numerose antologie e riviste cartacee e on-line, tra cui “Poeti e Poesia”, “Poetarum Silva”, “Atelier” e “Inverso”. Nel 2004 le poesie di Davide Cortese sono state protagoniste del “Poetry Arcade” di Post Alley, a Seattle. Il poeta eoliano, che nel 2015 ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia, è anche autore di due raccolte di racconti: “Ikebana degli attimi” (Firenze Libri), “Nuova Oz” (Escamontage), del romanzo “Tattoo Motel” (Lepisma), della monografia “I morticieddi – Morti e bambini in un’antica tradizione eoliana” (Progetto Cultura), della fiaba “Piccolo re di un’isola di pietra pomice” (Progetto Cultura) e di un cortometraggio, “Mahara”, che è stato premiato dal Maestro Ettore Scola alla prima edizione di Eolie in video nel 2004 e all’EscaMontage Film Festival nel 2013. Ha inoltre curato l’antologia-evento “Young Poets * Antologia vivente di giovani poeti”, “Gioia – Antologia di poeti bambini” (Con fotografie di Dino Ignani. Edizioni Progetto Cultura) e “Voce del verbo vivere – Autobiografie di tredicenni” (Escamontage).