#1Libroin5W
Chi?
Ogni personaggio può essere protagonista, anche quelli che si definiscono secondari – e in realtà non lo sono – nella misura in cui svolgono ruoli essenziali alla storia che si racconta. I personaggi prevalenti in questo romanzo, che si colloca in un arco temporale che dalla fine del ventennio fascista, passando per la guerra di liberazione dalle forze di occupazione nazifascista, arriva fino agli anni del boom economico, sono figure di donne. Marianna Ligresti, ultima erede di un casato di proprietari terrieri in declino, ma ancorato a pregiudizi di classe atavici di una Sicilia semifeudale, inizia un percorso di conoscenza di un passato recente, travolto da una modernità senza appigli, né radici. Nel disperato tentativo di sopravvivere ai cambiamenti socio-culturali che ne minano le fondamenta, il mondo di ieri rivela dietro le apparenze di una rassicurante normalità, un cuore di tenebra. Marianna, cresciuta in un contesto temporale di modernità, in un luogo di mare, aperto a nuovi fermenti, per quanto attratta dal vecchio mondo in cui affondano le memorie della famiglia paterna, ne percepisce le fragilità, e le contraddizioni. Il suo posto delle fragole, nel momento in cui va in frantumi, si trascina dietro le macerie di una fanciullezza inventata. Un’altra figura prevalente, presente nel romanzo, solo come ricordo vivo, di formazione, di affinità elettive, è Anna, la nonna paterna. Libera da arcaici pregiudizi e modelli di comportamento, proietta su Marianna, che non fece in tempo a conoscere, il suo anticonformismo e lo sguardo profondo sulla realtà. Egidia, la cugina del padre, una sorta di matriarca, che domina ed esercita un ruolo di potere nella famiglia, rappresenta il ‘vecchio’, travestito di modernità di facciata. Rotta a ogni infamia, pur di tenere alto il nome del casato, le sue ossessioni sfociano nella follia e nel crimine.
Cosa?
Il male è il tema che nel romanzo assume le forme primordiali del sacrificio di una piccola creatura innocente. Un male che si camuffa dietro le rassicuranti fattezze della quotidianità. Il male che cova nel chiuso delle case, si cela tra i tarli dell’esistenza. Vive in promiscuità col bene e lo contamina, senza esserne contaminato. Il male che ha ali veloci, procede senza inceppare nei sentimenti, nelle emozioni che non conosce, e perciò non costituiscono un freno, un limite al suo rapido avanzare verso rive estreme. Un male che è difficile cogliere e denunciare, che agisce indisturbato e spesso mai scoperto. Solo il bene è radicale, il male è estremo (Hannah Arendt). Il bene agisce nel profondo, giunge alle radici della coscienza e trasforma l’agire umano. Il male è forza distruttiva, che si abbatte sui vissuti individuali e collettivi, trascinandoli in derive di perdita di sé. Il male della ragione assente che genera mostri.
Quando?
Questo che è il mio primo romanzo non è nato da un’idea, o un progetto, neppure da un intento. È maturato nel tempo, naturalmente, secondo leggi fisiche che seguono una parabola di nascita e maturità. Forse avevo bisogno di una storia da raccontarmi e da raccontare. Di personaggi con cui confrontarmi. La poesia che è stata la mia cifra espressiva per anni, insieme con la riflessione critica e la prosa aforistica, ha ceduto il campo alla narrazione. I cambiamenti avvengono dall’interno. Quando meno ce l’aspettiamo, arrivano, scompaginando ogni possibile piano. Anche nella vita è così. Le cose non accadono mai come e quando desideriamo che accadano. Con questo non voglio dire che il passaggio dalla poesia alla narrativa sia frutto del caso. Nella letteratura non esiste il caso. Tutto è stato inventato da me, secondo le necessità della dimostrazione (Marcel Proust). Quel qualcosa di non detto, se c’era, stava sepolto sotto la neve, ed é spuntato allo sciogliersi del gelo.
Dove?
Forse in quella terra malferma di confine dove stazionano i sogni persi, i fantasmi della mente a cui non abbiamo dato voce, e che sono rimasti inascoltati per tanto tempo. Il tempo di crescere, e spuntare inattesi come i ciuffi d’acetosella dagl’interstizi del basalto nei borghi etnei, ad annunciare la bella stagione. Come un torrentello di primavera che precipita a valle da altitudini inesplorate, e si gonfia di acque da una balza all’altra, questo romanzo è emerso inaspettato da anni di silenzio e ha trovato un varco in cui incanalarsi.
Perché?
Ogni libro ha un suo destino. Il destino dei libri è affidato ai lettori. Una volta scritto, un libro segue la sua strada, tracciata da chi lo leggerà. Come i figli, che sono autonomi da chi li ha messi al mondo, anche se dai genitori hanno ereditato il colore degli occhi, il sorriso, e altro. Saranno i lettori a scoprire perché vale la pena di leggere questo piccolo romanzo.
Scelto per voi
In quel ritratto, che campeggiava nel vecchio salotto damascato, sopra il camino di basalto, tra gli arazzi e i dipinti con scorci di pineta innevata, scarpate d’auree ginestre e radure di genzianelle viola come ai Sepolcri nei giorni di Passione, Egidia e Santina sbalzavano dallo sfondo color porpora come dalle quinte di un palco del Teatro Massimo, Bellini, in trepida attesa che il melodramma avesse inizio.
Il capo reclino, lo sguardo sognante, parevano due rose di maggio spampanate, di quelle che debordano dai muri di cinta di palazzi patrizi, ormai decrepiti, ma che sanno ancora di muffa e di rosolio.
Con i petali delle rose maioline essiccate e il succo dell’uva fragolina appena colta, nelle vigne dei borghi etnei, si faceva un liquore sopraffino che si degustava il giorno dei Morti e si offriva a parenti e amici, insieme coi fichi secchi e la frutta di marzapane.
Fragole, ciliegie, albicocche, uva dagli acini colore del vino dalle vetrine delle pasticcerie riportavano i sapori dell’estate.
Alla piccola Marianna sembravano nature morte; così suo padre chiamava le stampe con vassoi di frutta e teschi in bella vista su fondo scuro che tappezzavano la sala da pranzo a casa delle cugine di Linguaglossa.
A guardarle toglievano l’appetito. Nel tripudio di sapori, di odori della tavola imbandita, raggelavano come un memento mori.
C’avevano una passione per quelle stampe le due zitelle.
Anche nel tinello della casa di Marianna a Riposto, sopra lo sparecchiatavola di mogano intarsiato, si stagliava una natura morta con un canestro di melograni, fichidindia, e grappoli d’uva colore del miele d’acacia, simili a quelli pendenti dal pergolato del terrazzo.
Irradiavano una luce dorata che invitava ai piaceri della vita.
La stessa stampa per anni aveva allietato la cucina di Anna, la nonna paterna di Marianna.
Quella natura morta, più viva di quella viva, univa nonna e nipote in una corrispondenza elettiva più stringente del legame di sangue. Prescindeva dal flusso dell’esistenza nei suoi momenti cruciali e dalle coincidenze casuali- la morte della nonna nello stesso giorno della nascita della nipote. Era alimentata da un humus di memorie migranti per luoghi e tempi differenti, come accade nei sogni.
Le stampe delle cugine offuscavano persino la più solare delle giornate. Turbavano Marianna come un presagio.
(Riproduzione riservata © Carthago)
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Anna Vasta è nata a Catania e vive a Riposto (CT). Docente di materie letterarie, collabora con recensioni critiche alle pagine culturali del quotidiano “La Sicilia”, Letteratitudine, Pelagos e Academia.edu. Ha pubblicato: Confutazione delle religioni (Traduzione dei dialoghi L-LX del De Admirandis naturae di Giulio Cesare Vanini con prefazione di Manlio Sgalambro, De Martinis & C, Catania,1993. Per la poesia: La Curva del cielo (Amadeus Editore, Soligo,1999); I Malnati (I Quaderni del Battello Ebbro Editore, Porretta Terme, 2004), finalista con menzione d’onore al Premio Brancati Zafferana 2005; Quaresimale (Prova d’ Autore, Catania, 2006); Sposa del vento (Prova d’Autore, Catania 2008); Di un fantasma e di mari (Prova d’autore, Catania 2011); Cieli violati (Edizioni Ensemble, Roma, 2013). Per la saggistica: La prova del bianco (Aforismi). Edizioni Le farfalle,Valverde, 2015.