Bisogna d’acqua questa terra antica (Alessandro Barbato)

1.

Bisogna d’acqua questa terra antica
di vigne, ulivi e muriccioli a secco,
di odor di nafta dai trattori accesi
tra mani grandi e volti abbrustoliti.
Bisogna d’acqua e un giorno pioverà,
ma noi saremo persi per i vicoli,
lontano, o in autostrade che ci scavano
la mente, tra le smanie del tuo inverno.
Dovrà servire in fondo il solleone
che manda in fumo le sterpaglie e i rovi,
se il mondo intero intorno non si muove.
Sì, servirà a qualcosa anche aspettare:
la tua cicala canta ed ha ragione,
tra quel che a maggio fu lavanda al Sole.

Provenzale

2.

Leggerò il vento, la mano a ogni albero,
per annodare per sempre le nostre
mancanze ai nomi segreti del mondo.
Scenderò verso frequenze più basse,
dove è uno sguardo, un respiro profondo,
la nota che percorre gli universi
e che somiglia certe volte ai tuoi
sorrisi silenziosi, quando suonano
negli occhi, oppure al morbido bisbiglio
di chi racconta, mentre dorme, un sogno.
E intanto scorreranno come gli anni
i fiumi e il sangue nelle arterie, i battiti
i ricordi si mischieranno al canto
e a tutti i passi che faremo svegli.

Su basse frequenze

3.

Corrode lentamente la vernice
degli sguardi insieme ai tendini, le ossa,
a tutto quello che riposa o resta
intorpidito a fondo, questa ruggine
che morsica anche i fianchi al nostro lago,
se sembra lì soltanto per raccogliere
le piogge e schiume stanche dai rigagnoli
di tubi verde piombo che lo artigliano.
Consuma anche la rena il vento e niente
può resistere alle onde del tuo mare
o al sordo ballo della neve quando
scende giù implacabile e va nascondere
le tracce delle nostre indecisioni,
le inutili promesse di ogni amore.

Sonetto arrugginito

 

 

in copertina Andrew Wyeth “Vento dal mare” (1947) 

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