Negli spazi della Fondazione Brodbeck (in via Gramignani, 93, a Catania) è stata inaugurata la personale di Giovanni Iudice: Esegesi, a cura di Gianluca Collica. Rimarrà aperta al pubblico fino al prossimo 14 ottobre 2018. Per questo progetto l’artista siciliano espone un unico grande dipinto dal titolo Solaris 3 e una serie di polittici realizzati con i lavori preparatori (disegni, fotografie, prove di colore, appunti). A ciascuno di questi è associata un’ulteriore opera realizzata in una fase successiva, sviluppo del linguaggio sperimentato. Una scelta che indica la necessità di ribadire le posempre più povera di storia, ammiccante alla dimensione illusoria dei media e in aperto contrasto con il suo atteggiamento attento ai valori del linguaggio”.
“Iudice – scrive Collica -, è un pittore siciliano come si evince dalla tensione espressa da un fare mosso, da una emozionalità ambigua, mai pienamente svelata, carica d’erotica sensualità, sempre in bilico tra piacere e sofferenza, tra soddisfazione e delusione, tra il particolare e l’universale. E in tal senso nella materia delle figure e del mare si percepiscono segni della sensuale carnalità di Fausto Pirandello; il realismo sociale di Guttuso è da lui tradotto in soggetti metafora di malessere e inquietudine; la luce della Sicilia di Guccione nelle sue opere perde l’idea di un assoluto irraggiungibile per illuminare fatti di apparente normalità.
Il dipinto è uno spazio aperto, una marina, dove i corpi sovrabbondano, quasi a indicare il disagio di uno spazio saturo. Esso presenta un primo piano caratterizzato da diversi gradi di compiutezza. Alcune figure dominano la scena per la loro perfezione e per l’uso di un colore che le fa sentire più che guardare. Altre invece sono variamente dipinte, dall’abbozzo ad una parziale finitezza, quasi a creare una gamma di sapori e di intenzioni presenti, ma non del tutto definite.
Il fondo ha il mare come protagonista, dipinto e ridipinto o forse, meglio dire, disegnato e ridisegnato a pennello; trasparenze e materie rendono viva la massa d’acqua dentro la quale ancora le figure, sfatte alla luce del sole, sono immortalate in atteggiamenti in contrasto tra loro. Un mare che ad uno sguardo più attento perde quel senso di trasparenza a cui la pittura sembrava alludere per divenire da vicino materia dissolta, pelle di un mostro marino.
Iudice in questo ciclo di opere si sottopone al giudizio del suo tempo rivelando una pittura che si mantiene in bilico, naturalmente instabile, tra la forza evocativa della materia e del segno rispetto alla forza rappresentativa del soggetto, nel tentativo di rappresentare un’idea di contemporaneità aperta a differenti interpretazioni e libera da ogni forma di convenzione. La sua arte si svela nella forza ammaliante che sta nell’equilibrio delle cose, mai molto al di qua e mai meno al di là, tra il dire e il non dire, e propone una pittura che esprime una sofferenza che non vuole soccombere a se stessa”.
Nell’occasione della mostra, lo abbiamo intervistato.
Coma nasce e come si ‘alimenta’ la tua “Esegesi” ?
Per l’Esegesi si intende una rappresentazione della costruzione di questa mia idea “solaris”, ciclo sul quale mi cimento da qualche anno. L’idea del titolo nasce da Gianluca Collica, storico gallerista catanese col quale mi confronto sulla scia della mia nuova ed ossessionata ricerca.
Come nascono i tuoi dipinti, da ‘dove’ nasce la pittura di Giovanni Iudice?
Nasce da molto lontano, sul far delle cose, della tradizione ma anche dall’osservazione della realtà. Essa ha un’autonomia rispetto l’apparente immagine congelata, ma è un continuo confronto con il 900, seppur si parli di cinema e fotografia ma pur sempre linguaggio autonomo di realismo e figurazione.
Puoi parlarci dei tuoi padri spirituali?
È molto probabile che la mia visione complessa della realtà sia una compressione di conoscenze filosofiche, letterarie e visive. Amo molto l’idea estetica di Baumgarten e l’esistenzialismo di Sartre, la visione machiavellica di Fellini, all’eretismo di Pasolini. Ma amo Verga e Sciascia nonché Francis Bacon e il mistero Velasquez con visioni luminose di Rembrandt e la coscienza irritata di Goya e Lopez García. Per certi versi il simbolismo di Böcklin e la modernità di Morandi. La sintesi di Cezanne e la fugacità di Cartien Bresson. Amo la Poesia e non credo che in un artista vi sia soltanto un espediente bensì una sorta di politeismo dell’essere.
Hai scelto o sei stato scelto dalla ‘figurazione’?
Ho scelto la figurazione dopo essere stato corteggiato e sedotto da essa.
Cosa, di un tuo dipinto, mette meglio a fuoco la tua personalità artistica?
La mia personalità artistica è la figura, la sua carnalità e sensualità che poi sono nell’esistenza.
Ci sono ‘intimità, spiritualità, colore, aspirazione verso l’infinito’ dentro le tue opere, assodata la libertà del fruitore, quali messaggi vorresti fossero colti dal tuo ‘pubblico’?
Nella mia ricerca di artista vorrei che si cogliessero gli elementi immutevoli che sono dentro le emozioni di tutti come la normalità delle cose, la paura e il desiderio.
Qual è il colore che meglio sposa la tua interiorità?
Il blu turchese perché luminoso e melanconico.
Qual è la tua definizione di arte?
Non mi autodefinisco, non amo etichette.
Oggigiorno quali sono (o dovrebbero essere): funzione dell’arte e responsabilità dell’artista?
L’arte è sociale, perché è un prodotto dell’uomo. La sua funzione non ha definizioni perché deve essere contemplata nel tempo. Ma la responsabilità di un lavoro come il mio è incentrata nella tensione esistenziale e si pone come una rivoluzione liberale ed emancipata ma non faccio politica, solo per dire che l’artista oggi, come direbbe il filosofo morale Shiffer:”l’intellettuale è come un prisma, la luce che gli attraversa nella trasparenza dei suoi elementi, emana i colori dell’arcobaleno”, quindi, personalmente, il fare artista oggi, non è vedere il “passato” ma porsi la questione “futuro”.
Progetti futuri?
Per il mio futuro, una cosa è certa: “lavorare a ritmo serrato”.