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Colette W. Davis

Ricordate? Il precedente numero de l’EstroVerso consegnava una frase interrogativa dell’autrice in copertina, Sylvia Plath, Non è stupefacente il potere delle parole? Lo è di certo, stupefacente, in tutte le accezioni possibili (e immaginabili). Questo richiamo poiché, come intuibile, è ancora intorno alla questione “parola” che desideriamo soffermarci nella chiara consapevolezza che la stessa non vuole essere abusata e che, altrimenti, diventa un’arma di distruzione (fisica e psichica) verso gli abusati, certo, ma, come un boomerang (fulmineo) anche verso gli abusatori (spesso traditi da doti di sconcertante inconsapevolezza). Sicché, senza abusarne, ci affidiamo alle altrui parole e porgiamo una riflessione semplicemente riportando un passo da “La tentazione di esistere” di E. M. Cioran: “Per riuscire a fare un’esperienza essenziale, per emanciparsi dalle apparenze, non occorre affatto porsi grandi problemi; chiunque può dissertare su Dio o procurarsi una parvenza metafisica. Le letture, la conversazione, l’ozio provvedono a ciò. Niente di più comune del falso inquieto, poiché tutto si impara, anche l’inquietudine. Non per questo l’inquieto vero, l’inquieto di natura non esiste. Lo riconoscerete dalla maniera in cui reagisce verso le parole. Ne avverte l’inadeguatezza? il loro fiasco lo fa dapprima soffrire, poi esultare? Senz’ombra di dubbio vi trovate in presenza di un animo affrancato, o in procinto di esserlo. Poiché sono le parole che ci legano alle cose, non ci si può staccare da queste ultime senza aver in precedenza rotto con le prime. Colui che fa affidamento sulle parole resta nella schiavitù e nell’ignoranza, fosse pure aggiornato su tutte le saggezze. Al contrario, si avvicina alla liberazione chiunque si levi contro di esse o se ne distolga con orrore. Quest’orrore non si impara né si trasmette: si prepara nel più intimo di noi stessi”.

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