paolo lisi

“Quanto tempo sprecato, / quanto amore tradito / e quanta vita / nel disavanzo della gioia.”, versi rivelatori, come cartine al tornasole, della raccolta “E la colpa rimane” di Paolo Lisi, Passigli Editori, vincitrice della segnalazione speciale della giuria “Stefano Giovanardi”, in seno al XLV Premio Letterario Brancati Zafferana. “Faber, o artifex che sia, il nostro Paolo Lisi – scrive il prefatore, Francesco Napoli -, mostra qui cos’è la sua forza di poeta che risiede per buona parte nel saper ripercorrere insistentemente i propri interrogativi e nel districarli cercando diversificate soluzioni espressive, con un costante lavorìo, per l’appunto, da buon fabbro in grado di plasmare e dar forma al metallo incandescente del linguaggio”. Versi come “passi impalpabili”, come “linee che si fanno ritorni”, come “la ragione che muta le prospettive”. Versi lungo il tratto apparente di un tempo temibile “non tanto perché uccide, quanto perché smaschera”, direbbe Nicolás Gómez Dávila.

Qual è il ricordo legato alla sua prima poesia?

“Di assoluta inappropriatezza. Niente era come avevo immaginato, sulla carta restava l’ovvio, niente di ciò che avevo letto era sedimentato nella scrittura. I Poeti restavano irraggiungibili. Forse alla centesima qualcosa è rimasto, o forse no”.

Quali i poeti (e, più in generale, gli autori) significativi per la sua formazione?  

“Partirei da lontano: Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Pascoli. Poi i magnifici quattro: Quasimodo, Ungaretti, Montale e Luzi (del quale ricorre il centenario della nascita). Per quanto riguarda i contemporanei… glielo dirò a quattrocchi”.

Per Marina Cvetaeva la lettura è, prima di tutto, con-creazione. “Se il lettore è privo di fantasia, nessun libro si regge. Ci vogliono immaginazione e buona volontà”. Qual è la sua opinione in proposito?

“Concordo appieno. Il poeta quando scrive guarda al mondo. La poesia ha bisogno di un interlocutore attento che cerchi nei lampi del poeta quelli della propria vita. Se non lo scuoti dentro, ti abbandonerà. Per sempre”.

Riporterebbe un piccolo stralcio di testo (versi o prosa) nel quale è solito “rifugiarsi”?

“[…] Isolamento e solitudine sono la sorte inevitabile e inesorabile per il poeta; a maggior ragione oggi, nel tempo di una società di massa che non ha occhi al di fuori di se stessa. Quella del poeta è una scommessa perduta in partenza. La disperazione sta qui: che si debba comunque scommettere.” Sebastiano Addamo, da “Trattenere la luce obliqua e morente del mondo”.

Per María Zambrano la poesia è “incontro, dono, scoperta venuta dal cielo”, per Paolo Lisi?

“Tutt’altro: dolore, passione, scontro, furore, disincanto, saccheggio, rabbia, amore, condanna, perdono”.

“Poco lontano dalla discarica / alcuni versi / provano a galleggiare. / Poco lontano, il mare. / Forse, qualcuno / da salvare.”, un suo “tema” per chiederle: la poesia può metterci in salvo?

“Solo se si è disposti a rimanere indietro: se, cioè, l’io ipertrofico del verseggiatore scelga di essere e non di apparire. Soltanto allora la poesia potrà tendere la sua mano, per far conoscere ciò che si trova sull’altra riva, lasciando che pregiudizi e preconcetti rimangano alle spalle, dimenticati”.

Posto che “Non si accorgeranno nemmeno / di quello che hai scritto. / Getteranno i tuoi versi tra gli stracci vecchi. / Resterai sguattero, guitto / in questa fiera di grattigrù delle lettere…” – lirica di Angelo Maria Ripellino, in esergo al suo “E la colpa rimane”- perché continuare a scrivere poesia?

“Perché è indispensabile e necessario. Per vivere e non per sopravvivere soltanto. Ripellino è stato uno straordinario slavista riconosciuto nel mondo, ma ­avrebbe voluto – probabilmente – da quel mondo accademico che conosceva bene, maggiore considerazione come poeta”.

Pensando al suo essere animatore di “IsolaPoesia”, assieme al poeta Giuseppe Condorelli, le chiedo: in un’epoca carente di capacità d’ascolto e consapevolezza in che modo potremmo (o dovremmo) muoverci (tra tutte le difficoltà che conosciamo) per preservare il valore autentico della poesia e, più estesamente, della cultura?

“Agendo con rigore e altruismo. Collaborando con le menti migliori. Stringendo sodalizi non basati sulla convenienza ma sulle affinità culturali. Coltivando amicizie intellettuali che sono indispensabili fonti di crescita come uomini e come artisti. Lavorando con orgoglio e umiltà. Mi vengono in mente i versi di Quasimodo della poesia ‘Al padre’: Anche a me misurarono ogni cosa, / e ho portato il tuo nome / un po’ più in là dell’odio e dell’invidia.”

Per concludere, spiegandoci perché l’ha scelta, la invito a scegliere una sua poesia per salutare i nostri lettori.

“Prima o poi la notte si stancherà / di custodire desideri /e sarà tempo di incendiare le paure / le maschere dentro l’armadio / quei segreti / che nessuno chiede di svelare. Del perché l’abbia scelta… è uno di quei segreti”.

copertina paolo lisi E la colpa rimanePaolo Lisi (1966) medico, vive e lavora a Catania. Ha pubblicato i libri di poesie Denti sul selciato (1990); L’arco (1993), Mediterranea (2004), L’assedio (2008 – Premio Internazionale Città di Salò 2010), E la colpa rimane (2013). Suoi versi sono presenti su varie antologie e riviste letterarie. Insieme a Giuseppe Condorelli ha costituito l’Associazione culturale “Interminati Spazi”. Ha ideato e organizzato numerosi eventi, tra cui la rassegna “L’Isola delle Scritture” (Taormina, 2007/2008); il Festival “IsolaPoesia” (Catania, VII edizione), la rassegna “L’autore per cena” (Catania, Hotel Sheraton, IV edizione), e diversi incontri tra arte e poesia per la “Giornata del Contemporaneo” in collaborazione con l’AMACI.

 

 

 

 

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