“Il mio cuore non potrebbe assorbire con maggiore gratitudine, né il mio animo con maggiore sensibilità, l’atmosfera assolutamente nuova nella quale mi trovo a vivere, gli incontri sorprendenti e inattesi (…) ogni giorno in questo posto benedetto”. Riferite all’Italia, parole dell’olandese Maurits Cornelis Escher cui è intitolata la deliziosa mostra allestita Palazzo della Cultura di Catania, organizzata da Arthemisia, in collaborazione con la Escher Foundation, curata da Marco Bussagli e Federico Giudiceandrea. Visitabile fino al prossimo 17 settembre 2017 (http://www.mostraescher.it), la rassegna offre la possibilità di guardare/gustare oltre duecento opere: dalle più ‘celebri’ quali, solo per citarne alcune, Autoritratto (1929), Relatività (1953), Mani che disegnano (1948), Vincolo d’unione (1956), Mano con sfera riflettente (1935), all’inedita gamma di produzioni relative ai soggiorni siculi nel periodo intercorrente tra il 1924 e il 1935; tra queste, ricordiamo Tempio di Segesta (1932), Chiostro di Monreale (1932), Cattedrale di Cefalù (1938), Vecchia colata di lava – Monte Etna (1933) e Castel Mola (1932). Un percorso espositivo ricco e ben curato che si schiude con le prime stampe e i disegni realistici ispirati alla natura e ai paesaggi italiani fino al lavoro svolto nell’ambito della tassellatura e della singolare trasformazione di forme. L’obiettivo – riuscito – è quello di evidenziare come la metamorfosi costituisca la peculiarità della sua arte inimitabile che coniuga ingegnosamente geometria e immaginazione. Suggestive, oltre a Superfici riflettenti, trovate impiegate per flettere la realtà a proprio piacimento, Metamorfosi, raffigurante un mondo in cui disuguali tipi di tassellature originano spirali di trasformazioni, Cielo e acqua II, Predestinazione (mondo alla rovescia), come tante altre, tutte a raffigurare perfettamente la complementarità tra luce e buio, tra bene e male, che si intrecciano, come nella vita, rinvigorendo la medesima composizione. Altresì interessanti e ricche di riferimenti le xilografie illustranti il libro Emblemata, contenente ventiquattro massime scritte da G. J. Hoogewerff, amico di Escher, allora direttore dell’Istituto olandese di Cultura, stampato in 300 esemplari nel 1932. Gli emblemi, popolari nel XVIII secolo, erano una combinazione didattico – moraleggiante di immagini e testo destinata a far riflettere il lettore sulla propria vita. “La mostra – come spiegano i curatori, Marco Bussagli e Federico Giudiceandrea – offre la possibilità di esplorare mondi simultanei costruiti con elementi percettivi bidimensionali e tridimensionali, assemblati da leggi matematiche e geometriche caratteristiche della sua arte. Diverse le metodologie di fruizione come esperimenti scientifici o supporti didattici che accompagnano i visitatori di ogni età aiutandoli a comprendere la dimensione artistica di un artista poliedrico e geniale che ha sempre goduto di enorme popolarità”.
gc