Childe Hassam, The water garden
Childe Hassam, The water garden




Me lo domando. Me lo domando spesso. Quando la penna si arrischia sul foglio – non solo per una recensione o una nota critica – per definire un atto creativo o giustificare il valore di un gesto rituale con la responsabilità per cui «ciò che è scritto, è scritto», una finta rima, un’assonanza, un fregio di inchiostro che solca non solo il bianco, ma anche la mente… Me lo chiedo sul serio. Quando alle sei del mattino mi asciugo il volto dopo una fredda abluzione e mi spio un po’ di argento sulla barba incolta e toccandomi il volto sento le linee della pelle; quando sento le preghiere lamentose di anziane recitanti «O Gesù perdona le nostre colpe» far eco da fuori la chiesa al vespro; quando un panorama della città o della campagna sembra una cartolina da conservare e mettere in tasca e tirarla fuori quando vuoi respirare; quando perdi un caro amico e comprendi che in fondo avevano ragione sia Orazio che Quintiliano. Me lo chiedo spesso, cosa sia la poesia. Ma non posso rispondermi come dicevano i critici o gli scolastici: «espressione lirica del sentimento», ma quale lirica, quale sentimento? È ancora oltre, non è la parola soltanto o il pathos o la simmetria versatile, va ancora più in fondo, annulla la parola stessa: la poesia fonda un atto senza essere atto, una voce senza dare una voce, è una melodia senza uno spartito. La poesia è atto e sostanza della creazione senza per questo definire il suo quid, parola che disintegra la parola, sostanza e forma la cui tangibilità resta sfuggente. La poesia somiglia al tempo: se vuoi limitarlo o dirlo sul momento, ecco che è già volato, così la poesia, vuoi definirla, ma ti è già sfuggita, ti è già scivolata dalla mente. La poesia concentra una forza sotterranea che permette il flusso dei nostri attimi, delle nostre azioni. Ma nemmeno questo può andar bene, e non posso definirla, e ciononostante non posso usare il termine «ineffabile», cadrei nel tranello che non potendo dire l’infinito dico tutto ciò che è o potrebbe essere. No, non posso pronunciare «ineffabile»! La poesia è un’essenza reale e al tempo stesso invisibile, nascosta nella forma di una goccia di sangue caduta su un foglio, celata nella formica che si muove su un sasso, nascosta in una danza africana, in una torcia di fuoco accesa al chiarore di luna. La poesia è un movimento che non si autodefinisce, ma crea vita e magia. Se riscopro la sua magia con un enigma, allora la salvo, se tento a tutti i costi di definirla, l’ho già uccisa con la banalità. Somiglia all’amore, la poesia, ma perché – dice Salinas – va sempre oltre. La poesia è una «essenza di oltre» contenuta all’interno di ogni essere vivente.

 

Potrebbero interessarti

2 risposte

  1. Pingback: marvin
  2. Pingback: darryl