Nostos, ritorno alla parola
Rubrica a cura di Luca Pizzolitto
da Yves Bonnefoy, Nell’insidia della soglia (Einaudi, 1997, traduzione di Diana Grange Fiori)
Urta,
Urta per sempre.
Nell’insidia della soglia.
Contro la porta, sigillata,
Contro la frase, vuota.
Nel ferro, ridestando
Solo queste parole, il ferro.
Nel linguaggio, nero.
In colui che è qui
Immobile, vegliando
Sul tavolo carico
Di bagliori, di segni. E che tre volte
Viene chiamato, ma non si alza.
Nell’adunarsi, cui è mancato
Il celebrabile.
Nel grano deformato,
Nel vino prosciugato.
Nella mano che trattiene
Una mano assente.
Nella inutilità
Del rammemorare.
Nello scrivere, frettolosamente
Messo al riparo, di notte
E nelle parole spente
Ancora prima dell’alba.
(…)
E siano le nostre mani nel cercarsi
La pietra ignuda
La gioia condivisa
Il fascio d’erbe
Poi che se anche tu, se io stesso
Siamo nel grido soltanto un anello
Di chiaro fuoco
Che un vento disperde, così
Che nemmeno si saprà
Presto nel cielo
Se il grido veramente vi fu,
Che diede il nascere,
Tuttavia nel trovarsi
Le mani nostre consentono
Al desiderio
Di altre ancora eternità.
(…)
Sì, per i giorni in cui errava
Già innanzi l’alba il tuono.
Per i miei sentieri tra le erbe bagnate
Curvate dalla notte
Sotto le sue ruote di pietra.
Sì, per i rovi
Delle cime tra le pietre. Per quest’albero, ritto
Contro il cielo.
Per le fiamme, in ogni luogo,
E, ogni sera, le voci dello sposalizio
Di cielo e terra.
(Tardi, quando
La spugna sospinge il tavolo
Che un poco brilla
I resti del pane e del vino).
Sì, per le due colonne di legno
Abbandonate.
Sì, per il sale
Indurito, nella scatola
Dipinta di nero, in cucina.
Sì, per il sacco di gesso: aperto, indurito,
Seme di ciò che non si può possedere,
E illumina.
Sì, per il foro
Accanto al camino, aperto ancora
(E la vanga, e il badile, rimasti
Contro il muro; chiamato, il muratore
È soltanto passato, silenzioso,
A un altro lavoro, in un’altra stanza).
(…)
Sì, per l’arco spezzato
Della soglia,
Ne avevamo ritrovato
La pietra che mancava.
– Scorri, fiume di pace, fa’ che il garofano
Torni a fiorire, di questa riva.
—
Yves Bonnefoy (ph in copertina Finnegans), poeta francese (Tours 1923 – Parigi 2016). Dopo aver compiuto studi di matematica e filosofia, B. entrò in contatto a Parigi con il gruppo dei surrealisti. Ha preso poi al Collège de France la successione di Valéry, con la cattedra di “Études comparées de la fonction poétique”. Ha consegnato la sua la sua ricca e profonda creazione poetica in raccolte che attestano tutte un’intensa tensione speculativa, morale e formale: Du mouvement et de l’immobilité de Douve (1953), Hier régnant désert (1958), Pierre écrite (1965), Dans le leurre du seuil (1975), Ce qui fut sans lumière (1987), Début et fin de la neige (1991), L’encore aveugle (1997), La pluie d’été (1999), Les planches courbes (2001). Sono testi densi, in cui nell’angoscia di non poter mai giungere alla conoscenza intellettuale della realtà, il poeta afferma la speranza o la fede che al linguaggio poetico sia concesso di giungere almeno al “suono del colore in ciò che è”, di rinnovare “l’offerta della bellezza nella verità”. Lucide riflessioni sulla natura della poesia si leggono nelle raccolte saggistiche L’improbable (1959), L’arrière-pays (1972), Entretiens sur la poésie (1981), Sous l’horizon du langage (2002), L’imaginaire métaphysique (2006). Sono da segnalare anche le qualità del critico delle arti figurative che emergono in diversi testi tra i quali: Peintures murales de la France gothique (1954), Un rêve fait à Mantoue (1967), Rome 1630: l’horizon du premier baroque (1970), Alberto Giacometti (1991), Dessin, couleur et lumière (1995), Lieux et destins de l’image (1999), Remarques sur le regard (2002), Goya: les peintures noires (2006). Da ricordare infine le traduzioni di Shakespeare, John Donne, Keats e le illuminanti pagine su Rimbaud (1961), Baudelaire (2000), Breton (2001). Importante è l’opera di B. “italianista” con le sue traduzioni e interpretazioni di Leopardi (2001) e di Petrarca (Pétrarque e l’Europe, 2006).