Poeti Giapponesi (a cura di Maria Teresa Orsi e Alessandro Clementi degli Albizzi).

La poesia giapponese in verso libero (shi) e nata alla fine del XIX secolo come forma poetica nuova. Dapprima dichiaratamente ispirata al modello occidentale, avrebbe poi seguito nel corso del Novecento un suo cammino autonomo che non escludeva ma anzi intensificava un rapporto, questa volta non più di dipendenza ma su un piano di reciproco scambio, con le principali correnti sviluppatesi nel vecchio continente e negli Stati Uniti (1). Questo dialogo mantiene oggi tutte le sue possibilità e il suo significato, contribuendo all’originalità e alla vitalità della poesia contemporanea giapponese, ed e reso ancora più efficace dai rapporti sempre più stretti e diretti rispetto al passato. Ne sono strumento e stimolo le collaborazioni con poeti e artisti stranieri, la partecipazione a festival internazionali, incontri e conferenze presso università o istituzioni in Europa e negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la poesia contemporanea mantiene uno stretto legame con tutta la tradizione classica giapponese, che continua a fornire, a livello linguistico, un campo pressoché inesauribile di riferimenti culturali ed estetici. A ciò si aggiunge infine, in modo forse meno percepibile, ma comunque tutt’altro che secondario, la persistenza dell’eredità lasciata dalla cultura e dalla lingua cinese classica, fino al XIX secolo imprescindibile bagaglio nella formazione degli strati intellettuali della società.

(1) Per un panorama complessivo che affronti anche l’evoluzione di altri generi poetici (tanka e haiku) si veda: Pierantonio Zanotti, Introduzione alla storia della poesia giapponese, dall’Ottocento al Duemila, Marsilio, Venezia 2012 e Andrea Raos (a cura di), Il coro temporaneo, Shichōsha, Tōkyō 2001.

Maria Teresa Orsi

Di questo ricco panorama abbiamo cercato di presentare le voci piú significative e originali. Come in tutte le antologie, la necessità di operare una scelta che riguardasse non solo i nomi degli autori da inserire, ma anche e soprattutto di raccogliere, in un numero sempre troppo esiguo di esempi, il percorso artistico delle singole personalità, ha portato a preferenze che possono risultare incomplete e soggettive. Si è preferito anche sacrificare opere troppo lunghe o per le quali sarebbe stato necessario un bagaglio di riferimenti eccessivamente esteso. Per ciò che riguarda il criterio di presentazione degli autori, abbiamo optato per una scelta «cronologica», partendo da poeti nati nel corso degli anni Trenta (con una sola eccezione, Ishimure Michiko, data l’importanza del personaggio), per giungere fino a Fuzuki Yumi, nata nel 1991, allo scopo di offrire un quadro sufficientemente ampio della produzione che, sviluppatasi dopo l’immediato dopoguerra, arrivasse approssimativamente ai nostri giorni. L’impostazione di fondo si e basata sulla scelta di poesie che abbiano avuto una collocazione scritta su pagina cartacea, lasciando da parte le sperimentazioni che vanno dalla poesia informatica, alla poesia rock, allo slam e alla performance poetry, allo hip hop, che pure hanno avuto e hanno in Giappone un ampio e vario sviluppo (2).

(2) Ian Condry, Hip-Hop Japan. Rap and the paths of cultural globalization, Duke University Press, Stanford 2006.

Testi scelti da “Poeti Giapponesi”. A cura di Maria Teresa Orsi e Alessandro Clementi degli Albizzi. Testo giapponese a fronte. Giulio Einaudi Editore, 2020.

 

 

石牟礼道子 (Ishimure Michiko)

 

祈るべき天とおもえど天の病む
(1989)

毒死列島身悶えしつつ野辺の花
(2000-2012)

 

Il cielo a cui dovrebbero andare le mie preghiere
e lui stesso a soffrire
(acda)

Arcipelago avvelenato
ti contorci tra fiori che parlano di morte
(acda)

 

*

 

谷川俊太郎 (Tanikawa Shuntarō)

 

ほこら
壊れた祠があった。低い金の柵があった。地面にこぼ
れた菓子があった。妻は自動車の中で目を覚はし、叫
んだ。子供等は川の水で手を濡らしたまま笑いながら
駈けて来た。
(1969)

 

C’era un tempietto diroccato. Un basso cancello in ferro.
C’erano briciole di dolci a terra. Dentro la macchina
mia moglie si e svegliata e ha chiamato. I bambini sono
corsi da lei ridendo, le mani ancora bagnate dell’acqua
del fiume.
(acda)

 

*

大岡信 (Ōoka Makoto)

 

海はまだ

海はまだ冷たいか
あ 風はまだ燃えていないか
けれど光はもう身軽な豹だし
雲の指は思い出の入江をかきわける
人間の内側で
春が肌をみがきはじめると
すこし遅れて
地球にまたも
緑色がかえってくる
(1960-1967)

 

Il mare è ancora

Il mare non e forse ancora freddo?
ah il vento non e ancora infuocato?
eppure la luce e già un agile leopardo
e le dita delle nuvole si fanno strada nella baia dei ricordi
quando nel lato nascosto degli uomini
la primavera comincia a levigare la pelle
in leggero ritardo
sulla terra ancora una volta
fa ritorno il verde
(mto)

 

*

 

佐々木幹郎 (Sasaki Mikirō)

 

死は輝きながら
花粉のようにここから散らばり
雲に乗って世界中に届けられる
雨の段々畑の
はるかな雨の国の山の麓まで
(1991)

 

splendente la morte
si disperde da qui come polline
trasportata dalle nuvole in tutto il mondo
fino alle pendici del monte del lontano paese di pioggia
dai terrazzamenti di pioggia
(mto)

 

*

 

文月悠光 (Fuzuki Yumi)

 

わたしたちの猫

あのひとの膝のうえで
まるくなるのは、どんな感じ?
目をこすって顔を洗えば、
強がりなわたしも
愛らしく見えるはず。
今だけだから、安心してて。
もう少しあたたまったら、
わたし、ちゃんと立ち去ります。

人の心には一匹の猫がいて、
そのもらい手を絶えず探している。
自分で自分を飼いならすのは
ひどく難しいから、
だれもが尻尾を丸め、
人のふりして暮らしている。
首輪のいらない幸せが
いつか巡ってくるんだろうか。
だれの呼び声に応えるべきか、迷いながら
わたしたちは二つの耳をとがらせている。

本物の猫をこわごわと抱いたとき、
その身体のあたたかさに
わたしは許された心地がした。
やわらかな白い毛の間から
背骨の硬さが手に触れる。
撫でつければ、ふわりと浮くしっぽ。
覗き込むと、猫の大きな目のなかに
光が尾を引いて泳いでいた。
「わたしに飽きないでね」
そう告げているような眼差し。

 

I nostri gatti

Cosa si proverà nell’acciambellarsi
sulle tue ginocchia?
quando mi strofino gli occhi e mi lavo il viso
anche io che sembro così sicuro di me
posso apparire grazioso.
E solo per un momento, non ti preoccupare.
mi scaldo ancora un poco,
e poi me ne andrò.

Nel cuore di ogni persona vive un gatto
alla continua ricerca di qualcuno che lo accolga.
E terribilmente difficile allevarsi da soli
e quindi tutti arrotoliamo la coda
e facciamo finta di essere umani.
Avremo mai la fortuna
di non aver bisogno di un collare?
A quale richiamo bisognerà rispondere? nell’incertezza
noi drizziamo le orecchie.

Quando esitante ho preso fra le braccia un gatto vero
ho avuto la sensazione che mi accogliesse nel suo calore.
Tra il suo morbido pelo bianco
la mano avvertiva la solidità della schiena.
l’ondeggiare leggero della coda quando lo accarezzavo.
A guardarlo bene, nei grandi occhi del gatto
nuotava la scia allungata di una luce
uno sguardo che sembrava dire
«Non ti stancare di me».

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