«Il titolo del libro di poesie di Davide Zizza è una parola ebraica: ruah. Più che una parola, un termine-chiave dai plurimi significati nel pensiero su Dio, l’uomo e il mondo, sviluppato dall’ebraismo. Presente anche nello Zòhar a indicare una delle tre anime dell’uomo, è difficile da tradurre in maniera univoca: è, approssimativamente, ‘soffio’, ‘vento’, ‘respiro’ e pure ‘spirito’ nell’atto della sua emanazione. Quale sentiero semantico essa prenda qui, tra i tanti possibili, viene indicato dall’autore stesso con l’epigrafe che apre la prima sezione, «In principio»: «Anche Dio nel respirare / inspirò perché potesse / diminuire e far posto al mondo. / Nel liberarlo, il soffio / si assorbì a tutta la terra». Dio che inspira, diminuisce e fa posto al mondo, quindi. […] Dove subito s’avverte una declinazione del tema – di tanto rilievo da far tremare i polsi – in termini feriali e domestici col suo rivolgersi ad un tu senza invaderlo della presenza del soggetto, colto invece in un ritrarsi che l’apparenta, dal basso, ad una versione ‘debole’ della figura divina. […] Quale percorso disegna la scrittura di Zizza tra queste due sponde del respiro, del soffio – insieme phoné e pneuma – messe così decisamente ad esponente della raccolta? Pare, in generale, di intravvedere un’attenzione alle figure minime della «fisica degli esseri», agli interpreti – animali, naturali e umani – di una medesima «invisibile corsa» che s’arrampica quieta «sul filo del giorno». Da questa postazione lo sguardo s’intrattiene sui gradini della «scala di dolore / e di consolazione», dà vita all’originale ripresa di personaggi classici (come «Caronte, ormai in pensione»), fa proprio, ritenendolo ancora un valore essenziale, l’esercizio della memoria, consapevole di una «galanteria del tempo» che spinge a «ridonare senso a ciò che è stato».
Una memoria che consente di non procedere ad una liquidazione frettolosa della tradizione, rievocando, in alcuni punti, l’incanto e la grazia di certi quadri della poesia meridionale (da Gatto a Sinisgalli a Bodini).»
(dalla prefazione di Enrico Testa)
cinque poesie dalla raccolta Ruah di Davide Zizza, ALTER ensemble poesia
«In principio fu il verso»,
il respiro creatore, il ritirarsi di Dio
alle sponde dell’infinito.
Farsi da parte per fare spazio.
Così se ti osservo e respiro il tuo nome,
così senza prendere spazio
mi ritiro per vivere nel tuo soffio.
Narghilè
La sigaretta che brucia
il tabacco, come fumi di incenso
che alitano in un’aria fitta
di odori e di umori: così l’anima
esala – come sospiro stanco si leva
da terra dopo aver vissuto…
per giungere ad un più largo sentire.
Appunti di moleskine
La moleskine e le poesie di Walcott in cucina:
oggi leggo e scrivo qui, con l’affacciata ad est,
e mi abbandono un po’, dimenticandomi –
fuori il feroce Minosse si è calmato, la pietà del clima ironizza
una frescura fuori stagione;
ritorno alle mie pagine, cerco un finale per un articolo,
la fuga della penna testimonia un silenzio che non so dire;
mi restituisce questa prosa una quotidianità già conosciuta,
ha sapore di terra e di carta questa lotta –
puntualmente persa – della parola che non tiene.
(da Frammenti)
6.
Estate sul balcone:
come ai vecchi tempi, c’è sempre qualcuno
in canottiera, con un giornale come
ventaglio, che inizia – due sorsi di caffè –
un cruciverba.
Fascinazione
Definisci – e hai già spezzato le ali.
Lascia che sia il velo, la patina
che giunge dal non-luogo:
l’occhio intuisce proprio quando non vede.
Non indagare la mente, il cuore,
il tempo, i giorni; lascia gli oracoli,
non sta a noi dirli – la poesia
non è scuola di scienziati.
Non svelare l’umano, accennalo.
Non tradire l’umano, accarezzalo.
Affascinalo. Amalo.