fuori mostra
Tiziano, Rubens e Rembrandt. L’immagine femminile tra Cinquecento e Seicento, è una mostra dossier ed un nucleo autonomo di tre capolavori pittorici giunti in prestito dalla Scottish National Gallery di Edimburgo che, dal 29 Ottobre 2016 e fino al 17 Aprile 2017, è possibile ammirare presso il Museo di Santa Caterina a Treviso in occasione della ben più articolata mostra, “Storie dell’impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir, da Van Gogh a Gauguin”, a cura di Marco Goldin, comprendente 140 opere suddivise in sei sezioni, ovvero il narrarsi di mezzo secolo di storia della pittura, dalla metà dell’Ottocento fino ai primissimi anni del Novecento.
I tre dipinti scelti per l’occasione raffigurano tutti soggetti femminili e costituiscono uno sguardo pregnante sul muliebre universo, indagando le sfaccettature più intime e il carattere più audace dell’essere donna.
Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1490 c.a – Venezia, 1576), pittore veneto raffigura la dea della bellezza e dell’Amore in Venere che sorge dal mare del 1520 circa. Come sua consuetudine quando, sovente, ritrae personaggi femminili, ci mostra una Venere dalle forme generose che si offrono nude allo spettatore; una pelle di porcellana, un manto di lunghi capelli dorati che raccoglie lateralmente, ed un’espressione incantata e trasognata. Il suo corpo florido leggermente piegato in avanti, ricorda nella postura la statuaria antica ma non vi è nessun accenno pudico al coprirsi le parti intime, mentre pare avanzare come per uscire dall’acqua. Ne narra Esiodo di Venere emersa dalla schiuma del mare in cui erano stati gettati i genitali del padre Urano, recisi dal titano Crono e di come sia giunta a riva fluttuando su di una conchiglia. Tiziano rende immagine di questa nascita raffigurando le acque di un mare, appena increspato da una sottile schiuma bianca, che si confonde con un cielo azzurro come di lapislazzuli, intenso alla maniera delle sue tinte, e che culla lateralmente una piccola conchiglia, venereo attributo iconografico ma i cui significati sono molteplici a seconda del contesto. Complice di una tradizione pittorica rinascimentale e manierista, Tiziano si pone di fronte al filone mitologico con un rinnovato e personale colorismo che avvalora il racconto e lo sublima, rendendolo di encomiabile bellezza ed esemplarità.
Pieter Paul Rubens (Siegen, 1557 – Anversa, 1640), pittore fiammingo, in Banchetto di Erode del 1635-38 circa fa invece riferimento ad un episodio biblico, mettendo in scena il momento in cui la bella Salomè presenta allo zio, il re Erode, ed alla madre Erodiade su un vassoio da portata la testa di Giovanni Battista che per suo stesso desiderio era riuscita a farsi consegnare, su brutale suggerimento della madre, in quanto danzando egregiamente per il re aveva meritato di vedere esaudita ogni richiesta. Avanza soddisfatta Salomè, alzando il coperchio del vassoio in cui è contenuta la testa del Battista, tra la curiosità sdegnata dei grotteschi commensali e il turbamento di Erode che, occhi bassi, appare sconcertato e con un gesto carico di tensione stringe la tovaglia. Accanto a lui l’altra protagonista- complottista, Erodiade, che compiaciuta a sua volta, punzecchia con una forchetta la guancia del Battista, come si fa con una pietanza per saggiarne la cottura. Completano la scena altri commensali, i servitori, un bambino in primo piano e due cani, di cui uno che fa capolino da sotto il tavolo e famelico guarda verso l’alto puntando all’inedita portata. Tutta la scena contempla il lusso e lo sfarzo di un mondo aristocratico lascivo e caotico, in cui il movimento dei corpi unito al panneggio delle vesti ed all’affastellamento degli sguardi controversi, esprime la persuasione del barocco in pittura.
Rembrandt van Rijn (Leida 1606 – Amsterdam 1669), pittore ed incisore olandese, con Una donna nel letto del 1674 circa, completa il trio dei capolavori mostrando il mezzo busto di una donna in un letto che con un gesto della mano sinistra scosta una tenda ed accosta l’altra mano al seno che la sua veste lascia in parte nudo insieme alla spalla ed al braccio. L’ambientazione è frugale ma ricercata. I capelli della donna sono raccolti in una reticella dorata, la sua espressione è rapita da ciò che osserva oltre la tenda, il che ci fa pensare che ciò che vediamo sia solo un dettaglio al di là di uno spazio in cui si sta svolgendo una scena più complessa che, a conoscerla, darebbe la chiave di lettura del dipinto stesso. L’interpretazione iconografica del quadro infatti non è del tutto chiara, si pensa che, come era solito, la modella possa essere la moglie di Rembrandt, Saskia, e che non si tratti di un ritratto intimo bensì di una scena mitologica o biblica. Con un taglio teatrale ed una luce dorata, suadente, che giunge da sinistra a fendere la materia pittorica ed a rischiarare le carni, scrupolosamente Rembrandt irrompe nella tranquillità domestica di un erotismo intimo e confidenziale, mostrando una fisicità realista e vigorosa anche nel dettaglio di mani nerborute, ma ammorbidendola con la raffinatezza barocca delle bianche lenzuola che accennano al pizzo e con il drappeggio della tenda.
E così volendo attribuire una definizione alla rappresentazione pittorica femminile nei tre capolavori di questi grandi Maestri, personalità artistiche eccelse del Cinquecento-Seicento, si può, a ragion veduta, pensare che a Tiziano vada l’entità della femminilità come avvenenza sacrale e vulnerabilità, a Rubens la più viziosa ostentazione della femminilità come espediente ed astuzia, ed a Rembrandt la dimensione umana della femminilità intesa come corollario delle profonde sfumature del termine amante.