La silloge è contenuta in un’antologia di tre giovanissimi poeti dal titolo Esordi, pubblicata dalla Fondazione Pordenonelegge. L’impatto con la poesia della poeta Cattafi mostra subito una matura sicurezza del versificare. Leggendo ci trova di fronte a qualcuno che si muove con passo certo. Un vero talento, di quelli di cui non si ha necessità di fare sfoggio cercando per forza il virtuosismo. Una capacità credo tutta “sudata” per dirla con Leopardi in tanti anni di studio, prima in un ateneo prestigioso come quello di Pisa a cui attualmente segue dottorato in Linguistica in Belgio. Una caparbia determinazione che ritroviamo anche nei suoi versi, in quella maniera così efficace di affermare senza mai tradirsi. Cito a proposito l’incipit della prima poesia: “la storia già l’aveva presa la voragine / ci rimaneva la vertigine dell’alto / la chiarezza di dover precipitare”. Questo inizio nei suoi tre versi sembra un postulato, non lascia filtrare alcun dubbio. E il seguito è tutto frutto di una grande consapevolezza. Lo sguardo è audace e oggettivo: “la pupilla / è una telecamera inclinata che non trema”. Ma fermiamoci un istante ad immaginare lo spazio che intercorre tra voragine e vertigine. Questa linea verticale, quella di un ascensore che scende tra le viscere del sentire, in quel piccolo e complicato inferno che ognuno di noi si porta dentro, eppoi risalendo, ci crea vertigine, una vertigine che ribadisce il nostro legame alla zolla di terra. Perché a quanto pare non siamo fatti né per il cielo, né per volare: “i sogni appena spinti verso il vero / assimilarsi a un’elevazione che non dura”. Questa via della perfettibilità, dell’elevazione è doppiamente minata. Risalendo si prova vertigine, e cadendo non è sempre detto ci sia un letto di foglie, un cuscino o le braccia di qualcuno pronte ad attutire il colpo. Si può finire nella voragine soffrendo di vertigine: “l’oblio è una vertigine / che guarda sempre in basso”. La poeta ci sembra voler suggerire che esistono regole cosmiche a cui tutti noi siamo fortemente assoggettati. Regole che mutano di continuo e ci destabilizzano nei nostri tentativi di affermarci. Concludo citando per intero un testo dal titolo sezione aurea. Il titolo rimanda ad una regola armonica. Ma l’armonia è qualcosa di facilmente volubile.
sezione aurea
trasformarsi nelle proprie aberrazioni
nelle costanti umane che anche l’occhio
assottigliandosi non riesce ad intuire
prive di valore nei culti dei riquadri
mi squadri dal cielo e a me sembra di salire
anche per questo: arrivare al punto che è una curva
di certezza, dove fisso lo sguardo prefigura
aspro lo schianto, perché dall’alto in basso
piove la luce si muore si vede molto meglio.
*
Eleonora Cattafi (Biella, 1994) è laureata in Lettere Antiche presso l’Università di Pisa e frequenta attualmente il dottorato in Linguistica presso l’Università di Gand (Belgio), dove ha già preso parte a due progetti di ricerca europei. Ha ottenuto diversi premi e pubblicazioni in competizioni letterarie, in particolare in ambito poetico.