Angelo Scandurra e lo splendore infinito del lapislazzuli

Angelo, non ci ha lasciati. Possiede lo splendore del lapislazzuli, infinito. Onesto, generoso, travolgente, vive nelle sue parole, regione profondissima dove continua ad accoglierci con quel suo “sguardo” che, radicato in terra, attinge al cielo. Della sua “ilarità intellettiva”, come la definì Mario Luzi, nella nota introduttiva alla celebre raccolta “Fuori dalle mura”, abbiamo riprova in queste ore fragili, costellate dal desiderio concreto e diffuso di dare voce alla sua voce.
«Se torneremo alla luce/ sarà per filamenti, per orme, per gocce,/ per schizzi sformati, per sapori,/ per connotazioni inverse,/ linguaggi sparsi,/ per figure nascenti nella notte». Con questi versi, dal volume appena citato, scelti dalla poesia “Distanze”, vogliamo introdurre (e ricordare) una riflessione (un suggerimento prezioso) donatoci dallo stesso Angelo Scandurra, fondatore, nel 1986, de “Il Girasole Edizioni”, e, più avanti, della casa editrice “Le Farfalle”. Entrambe, animate da «compagni di strada che, in ossequio alle nostre visioni, si trovano a spezzare il nostro stesso pane», autori storici, appartati o esordienti di sicuro talento. Solo per ricordare qualcuno: Alfonso Gatto, Goliarda Sapienza, Ezra Pound, Federico De Roberto, Gesualdo Bufalino, Dario Fo, Roberto Roversi e, non ultimo, Manlio Sgalambro.

«È facile imbattersi in poeti della domenica e in poeti che verseggiano per hobby. Allora, bisogna inasprire i criteri di selezione che, necessariamente, rispecchiano il nostro credere in una scrittura che rifugga il grasso della retorica o le secche della cattiva ripetizione, per approdare ad una poesia essenziale, ma non modesta, e che mostri che, anche nel verso, può rifulgere l’asciuttezza della ragione con i suoi dolori e la sua violenza conoscitiva». 

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