Cercando di afferrare il vento (Claire Goll)

anteprima

 

 

Claire Goll raggiunse col marito Yvan gli USA nel settembre 1939. Nel 1942 pensarono a una rivista internazionale bilingue (francese e inglese) che raccogliesse contributi di eminenti letterati antifascisti. Tra essi Saint-John Perse, che nel 1960 avrebbe ottenuto il Premio Nobel per la letteratura. Dal cap. XVI:

Ben presto avremmo fatto la conoscenza di Saint-John Perse. Di stanza a Washington, veniva regolarmente a New York per rappresentare ufficialmente la Francia in varie commemorazioni. Goll voleva pubblicarlo nella sua rivista, ma Saint-John Perse aveva civetterie da far impallidire le megere del Prix Femina[1]. Accettava rifiutando e bruscamente telegrafava per rifiutare accettando, poi rinviando a una data prossima esigeva di conoscere l’insieme dei collaboratori ma, sempre diplomatico, non criticava nessuno e si contentava di esprimere idee generali. Una grandissima carriera di attore gli si sarebbe potuta aprire, se non avesse messo i suoi doni al servizio della doppiezza diplomatica. Maestro nell’arte del sottinteso, maneggiava l’esitazione, le capriole e le ritirate con un’abilità diabolica.

“Non mi attrae punto pubblicare in codesto momento, scriveva a Goll nell’agosto 1942, ma mi sarebbe troppo doloroso abbandonarLa…”.

Nella lettera successiva, dava consigli che nella sua mente miravano certamente all’esclusione dell’uno o l’altro tra i collaboratori…

“Se, anche a rischio di sembrare morta di fame, la rivista potesse essere spietatamente sottratta a ogni compromissione, a ogni ibridità…”.

Quasi un anno passò, prima che c’inviasse la sua poesia. Trascorreva allora le vacanze in un’isola del Maine dalla signora Beatrice Ashley Chanler[2], con la quale aveva una storia. Ma non sarebbe stato degno di lui limitarsi a infilare il testo in una busta. Una spiegazione si rivelava indispensabile:

“Reputavo smarrita codesta poesia, che dalla mia isola l’estate scorsa avevo dovuto affidare a un lobsterman[3]. Un po’ vigliaccamente Le confesserò che non mi sarebbe dispiaciuto lasciare tale responsabilità alla sorte. La pubblicazione è infatti per me sempre sgradevole”.

Goll non era alla fine delle sue pene. Saint-John Perse chiedeva che gli si inviassero il più rapidamente possibile le bozze. La danza dello scalpo riprendeva su un nuovo registro. Lettera dopo lettera, c’intratteneva con le sue correzioni.

– Questo mi costerà un patrimonio, gemeva Goll. Mi sa che sta cambiando ogni riga… Tutta la composizione sarà da rivedere…

Alla fine, Saint-John Perse rettificò pochissimo: una parola qua, una virgola là, ma ciascun vocabolo gli poneva un tale problema, ciascuna espressione era tanto pesata, soppesata, trasformata, cancellata, che si tornò infine alla prima versione.

“Chiedo soltanto, specificava la lettera di accompagnamento alla poesia, che mi si lasci un assoluto pseudonimato, senza riferimento alcuno al mio nome e alla mia vita professionale”.

Quando Goll gli propose di far illustrare i suoi versi, rispose tosto: “Ho un’obiezione irriducibile contro ogni illustrazione, qualunque sia il valore di un artista. La poesia non può comportare altro lusso che quello della tipografia, della carta e del formato”.

Ciò che chiedeva in merito era d’altronde sontuoso: una carta a mano di grande formato lievemente colorata e un corsivo grande, difficilissimo da trovare nelle stamperie di New York.

Via via che Goll raccoglieva le fastose esigenze di Saint-John Perse, costui ne formulava di nuove, senza dimostrare la minima soddisfazione davanti ai risultati acquisiti. Decisamente, era amaro quanto i suoi Amari[4].

Personaggio ermetico, si aprì una sola volta riguardo alla sua infanzia trascorsa nelle isole, parlandoci di un tempo che si allungava al sole calante della Guadalupa, di famiglie tranquille e unite, di veglie nell’umidità della sera.

Al quarantesimo piano, sul tetto del suo albergo di Madison Avenue una volta ci confidò che, essendo l’eminenza grigia di Aristide Briand, i tedeschi gli avevano rubato dozzine di quaderni di poesie che aveva composto durante il suo lungo silenzio diplomatico tra il 1929 e il 1939.

– Ho spaventose emicranie artritiche, dovute al clima di Washington, acquario veramente troppo malfunzionante per un ludione d’Europa, ci disse pure.

Goll pubblicò Ode alla straniera[5]: i lamenti del poeta vi trasparivano. Saint-John Perse è lo straniero, l’esule che da nessuna parte trova accoglienza e riposo. Dopo la sua partenza da Point-à-Pitre e l’addio al mondo dell’adolescenza, non cessava di distillare la sua nostalgia in una metrica sensuale e impeccabile.

L’uscita della poesia, dopo tante tribolate trattative, non poteva concludersi in piena soddisfazione! Per Saint-John Perse sarebbe stata una sconfitta del suo compiacimento nell’irritazione e nelle mortificazioni.

– È lei che ha pubblicato mister Perse? ci telefonò un redattore del “Time”[6] incuriosito dall’uscita dell’Ode alla straniera.

– Esatto, ripose Goll.

– Ho bisogno di qualche informazione al proposito.

– Molto volentieri, fece Goll in tutta innocenza. Non è un segreto per nessuno che ha fatto carriera a Quai d’Orsay[7] e occupato più posti importanti al ministero degli Affari esteri. Di nome vero fa Alexis Saint-Léger Léger.

– E posso recuperare una foto? insistette il redattore.

– Ne possiedo una nei miei archivi.

“Time” uscì con una foto dove si potevano riconoscere Adolf Hitler e Daladier che si stringevano la mano, e un po’ indietro Saint-John Perse, che per le sue alte funzioni seguiva il presidente del Consiglio nei suoi spostamenti all’estero.

Immediatamente Saint-John Perse spedì una lettera furiosa. Senza attendere la riposta, si attaccò al telefono:

– Cos’ha detto su di me? gridò.

– Ho giusto detto che era segretario permanente a Quai d’Orsay. E che si chiama Saint-Léger Leger.

– E la foto?

Era indignato di comparire dietro Daladier coinvolto nelle negoziazioni di Monaco. I nostri rapporti si raffreddarono dopo tali peripezie. Ebbi occasione di riprendere contatto con lui una dozzina d’anni dopo. Cercando di riunire un certo numero di personalità per formare una “Società degli Amici di Yvan Goll”[8], sollecitai Saint-John Perse, il quale rispose subito: “D’accordo, a patto di esserne io il presidente”.

Avevo già proposto la carica a Jules Romains, ma qui riconoscevo bene Saint-John Perse, che la boria e la vanità tenevano lontano da ogni amicizia e da ogni umanità.

* * *

Ode à l’Étrangère ricomparve nella raccolta Exil del 1945, immutata ma con il titolo Poème pour l’Étrangère. Qui traduco la prima delle tre stanze, dove molteplici sono i riferimenti di luogo (Washington D.C.):

Sabbie e stoppie non incanteranno il passo dei secoli a venire, dove la via fu per te
lastricata di una pietra senza memoria – oh pietra inesorabile e verde

più del

sangue verde di
Castiglia alla tua tempia di Straniera!

Un’eternità di bel tempo pesa sulle membrane chiuse del silenzio, e la
casa di legno, che in fondo all’abisso si muove sopra le sue ancore, matura un frutto di lampade meridiane

per più tiepide cove di nuove sofferenze.

Ma i tram già logori che fuggirono una sera dietro la curva della via,
che fuggirono su rotaie nel paese degli
Atlanti, per i pavé e le rampe

e i rondò di Osservatorii invasi di sargassi,

per i quartieri d’acque vive e di
Zoo stregati dai circensi, per i quartieri di
Negri e Asiatici simili a merluzzi in migrazione e per i bei solstizi verdi di
piazze tonde come atolli,

(là dove si accampò una sera la cavalleria dei
Federali, oh mille teste d’ippocampi!)

cantando lo ieri, cantando
l’Altrove, cantavano il male alla sua nascita e, su due note di Uccello-gatto,
l’Estate boschiva delle giovani
Capitali infestate di cicale…
Ora ecco, alla tua porta, lasciate in conto alla Straniera,

queste due rotaie, queste due rotaie – donde venute? – che non hanno detto la
loro ultima parola.

«Rue
Gît-le-Coeur…
Rue
Gît-le-Cœur…» canta piano l’Aliena sotto le sue lampade, e sono malintesi
della sua lingua di Straniera.[9]

 

prospero editore 

 

 

[1] Premio letterario dal 1904 annualmente assegnato da una giuria esclusivamente femminile, come contraltare al Prix Goncourt.

[2] Diva del cinema muto e moglie presto divorziata del magnate William Astor Chanler (1867-1934), morì il 19.VI.1946 in un incidente ferroviario mentre si recava nella sua villa estiva ad Islesboro con Saint-John Perse. Per errore o per malizia, Claire scrive “William Astor Shalder”.

[3] Pescatore di aragoste, in inglese nel testo.

[4]  Amers (1957), che l’autore intendeva probabilmente nell’altra accezione tecnica di “segnali marini di avvistamento”, dai fari alle boe.

[5] Ode à l’Étrangère, in “Hémisphères”, (1) estate 1943, seguita da R. Caillois, Sur l’art de Saint-John Perse.

[6] Settimanale americano di enorme diffusione.

[7] Vale a dire il Ministero degli Esteri francese, che sta al 37. 

[8] Fondata a Parigi nel 1952, comprendeva tra gli altri Arp, Bachelard, Bosquet, Callois, Chagall, Sonia Delaunay, Hugo Friedrich, Egon Holthusen, Jouve, Léger, Milhaud, Moravia, Neruda, Picasso, Poulenc, Romains (presidente). L’anno dopo si aggiunse “The American Friends of Yvan Goll” con Francis Carmody (segretario), Padraic Colum (presidente), Dalí, McCullers, Arthur Miller, Richter, William C. Williams…

[9] Les sables ni les chaumes n’enchanteront le pas des siècles à venir, où fut la rue pour / vous pavée d’une pierre sans mémoire — ô pierre inexorable et verte plus / que n’est / le sang vert des / Castilles à votre tempe d’Étrangère ! / Une éternité de beau temps pèse aux membranes closes du silence, et la / maison de bois qui bouge, à fond d’abîme, sur ses ancres, mûrit un fruit de / lampes à midi / pour de plus tièdes couvaisons de souffrances nouvelles. / Mais les tramways à bout d’usure / qui s’en furent un soir au tournant de la rue, qui s’en furent sur rails au pays des / Atlantes, par les chaussées et par les rampes / et les ronds-points d’Observatoires envahis de sargasses, / par les quartiers d’eaux vives et de / Zoos hantés des gens de cirques, par les quartiers de / Nègres et d’Asiates aux migrations d’alevins, et par les beaux solstices verts des / places rondes comme des atolls, / (là où campait un soir la cavalerie des / Fédéraux, ô mille têtes d’hippocampes!) / chantant l’hier, chantant / d’Ailleurs, chantaient le mal à sa naissance, et, sur deux notes d’Oiseau-chat, / l’Été boisé des jeunes / Capitales infestées de cigales… / Or voici bien, à votre porte, laissés pour compte à l’Étrangère, / ces deux rails, ces deux rails — d’où venus? — qui n’ont pas dit leur dernier mot. / «Rue / Gît-le-Cœur… / Rue / Gît-le-Cœur…» chante tout bas l’Alienne sous ses lampes, et ce sont là méprises / de sa langue d’Étrangère. 

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