“La salvezza è nell’azione, poi nella contemplazione”. Francesco Gianino e il suo “Contro la musica”.

tre domande, tre poesie

 

Francesco Gianino è nato nel 1971 a Catania, città in cui vive e insegna materie letterarie al liceo classico. Ha pubblicato Orientale sicula per le Edizioni Kolibris (2021), Il salto del cavallo, Mare nostrum edizioni (2020) e Khalida (2004). Contro la musica (Il Convivio editore, 2023) è stato incluso nella rosa dei vincitori del premio Carrera. 

 

Qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Contro la musica”, meglio: in che modo la (tua) vita diventa linguaggio?

C’era stata la volontà di raccontare – proprio raccontare – qualcosa di autobiografico ma senza costruire autobiografia o specchio d’edificazione. Ho messo insieme tre argomenti a me cari, filtrati dallo sguardo diciamo poetico: il pianoforte, la città in cui vivo, il corpo. L’operazione di scrittura ha sovrapposto i tre livelli – le cose della vita dentro di noi convivono e si mischiano in maniera naturalissima e non sempre spiegabile – creando visioni e intersezioni tra linguaggio metaforico (per esempio il pianoforte è tomba da cui risorgere) e ricordi. C’è quindi un discorso sulla rigida disciplina musicale a cui fa da controcanto il corpo di Ludwig van Beethoven: un sordo che ha rivoluzionato il modo di fare musica.

La poesia è un destino?

Non credo. Il nostro destino è inscritto nel corpo che viviamo e nell’esercizio spirituale che pratichiamo giornalmente contro il corpo. La poesia potrebbe esserne una conseguente espressione. Nella Divina Commedia Catone – il famoso Catone suicidatosi stoicamente ad Utica per non farsi sottomesso a Cesare – rimprovera di prigrizia Dante e tutte le anime rimaste ferme ad ascoltare il melodioso canto di Casella. La musica ha dolcemente distolto dal percorso di salvezza. La salvezza è nell’azione, poi nella contemplazione. Catone sollecita le anime a intraprendere l’ascesa al monte del Purgatorio per farsi più belle. Oggi la musica è pervasiva, e ci invita sempre a rimanere, a non andare. L’unico modo per amare la musica è essere contro la musica stessa, quella musica che trattiene o intrattiene.

Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro; e di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere (nel contesto del libro che l’accoglie).

*

calamari fritti
gonna scorciata
occhi arabeggianti
presso il ponticello della littorina
circola sostanza fino all’alba
l’invidia dei vecchi s’affaccia
ma in libreria vendono Feuerbàch
il paninaro cuoce sulla piastra
e questa è infamia
fumo vampa odore
sono l’onore del cavallo

sostanze sulla via a gomito
circolano sfizio sciàlo soldi
la vita come la brace
finalmente un pensiero
saporito alla griglia
a drizzare lo scoglio
ci volevano occhi e lingua
per dire l’estasi
sporcare cielo e stelle
– metafore inessenziali
o uno sguardo fuori ruolo
uno strappo della maglia
invisibile

*

questa poesia
dissotterra l’ascia
e prepara alla guerra
il nemico arriverà
impossessandosi
di ossa numerate a frantumi
ma le arance col freddo
impazziscono di passione
e ho visto nascondere
pistole nei reggicalze delle donne
mostrare labbra struccate
una certa invidia per la felicità

*

(bis)

dicono che non è colpa mia
eppure sento così
e vedo qualcosa
anche se dicono
di non farmi guastare dai pensieri
io sento così
e questo è il mio onore
il mio orrore
quando voglio pensare
vado a camminare
dove la gente scompare
non mi dicevano niente
tu camminavi a testa in giù
e loro non dicevano niente
e si riempivano la bocca
a perdifiato

e sembrava di sentire cigolare
gli alberi curvati dalla neve …
avere torto e sentirsi in colpa
– nascondere il mal tolto
dentro una cassa a corde percosse

le parole sono mute
se le tocchi non reagiscono
se guardo alla fine
chi ti vuole bene
ti chiama per nome
per una strada che non sai
al sole fermo che s’addormenta
come un albero
sottoterra.

 

Le poesie di Contro la musica si presentano in forma poematica. Il primo gruppo di versi qui riproposti descrivono una zona di Catania, quella intorno al Castello Ursino, dove l’olfatto è investito dalla passione commerciale della carne di cavallo. La città è un altare profano: gli umani fanno voto e vanto d’impugnare il marrancio per la mattanza. La seconda poesia è un gesto infuocato, una rivalsa poetica, dove si ribadisce la separazione tra ciò che appare (il corpo, le ossa) e l’ascia di guerra: la poesia. Il terzo componimento è il finale. La struttura del libro vuole che questa sia divisa in movimenti come i tempi di una sonata per pianoforte. Il musicista concede infine anche un bis: un congedo un po’ malinconico, fino al pianissimo. Il bis riassume i temi del libretto: la miseria del corpo, l’individualità preziosa di ciascuno di noi, la società affamata e vorace. 

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