A Windmill near Brighton 1824 by John Constable 1776-1837
John Constable, A Windmill near Brighton

Poesia e psicanalisi sull’acquerello

Nello svolgere la mia riflessione su “L’anima della natura e la natura dell’anima” considero principalmente la prima parte del tema, poiché – abbracciando l’argomento, la presenza di differenti saperi, i quali spesso si nutrono e arricchiscono vicendevolmente, e oggi in modo particolare per il fatto che è matura la coscienza di riconoscersi nell’integrità e non nella frammentazione dell’indagine conoscitiva e artistica – ciascun sapere nel proprio ambito ben individuato consente di sottolineare la propria tipicità senza escludere lo sguardo verso un’altra tipicità che consegna i suoi particolari in modo che accada il pensiero nella sua interezza, e anche nei deboli interstizi che il percorso della cultura può modificare, sanare o cancellare. Ci troviamo di fronte a due termini su cui millenni di pensiero hanno scolpito sensibilità, nozioni, verità, contraddizioni, senso della misura, dell’appartenenza, dell’etica, della giustizia, ispirando tanto il pensiero umanistico quanto lo scientifico, informando e declinando la filosofia come la scienza, come la psicanalisi, come l’arte: Natura e Anima sono pertanto i termini su cui nell’alba del sapere l’uomo ha indirizzato la sua attenzione e sviluppato il pensiero. Questi due nomi, nella loro autonomia e costituzione, non sono solitari, separati e refrattari l’uno all’altro, quanto in correlazione – in forte correlazione – poiché tra loro esiste e insiste il soffio vitale, la capacità di generare, di rigenerare. Natura e Anima costituiscono perciò l’orizzonte sul quale l’uomo ha guardato per comprendere se stesso in rapporto al mondo, per scoprirsi individuo, per proiettarsi in un tempo eterno, avvertendo una realtà esterna a lui, visibile, e della quale deve mettere in conto la presenza ineffabile – Natura – da una parte, e un’altra interna a lui, invisibile misteriosa inquietante, e della quale può parlare per forte sentire, immaginazione intuizione – Anima – in un percorso di pensiero che ha preferito prima la riflessione sulla Natura, introducendo più tardi il concetto di Anima. Dal momento che l’uomo si percepisce individuo in rapporto con il mondo, si avverte immerso in un ambiente costituito nella sua forma complessiva da esseri viventi e inanimati e nella totalità dei fenomeni e delle forze che in esso si manifestano. Tutto questo arriva alla sua pupilla con la forza delle immagini che connotano la natura come pervasa da un movimento, un respiro, una pulsazione interna che la perpetua ed esercita un richiamo, un ascendente sull’uomo, che a sua volta riconosce in se stesso la presenza di una forza indipendente dalla sua volontà o determinazione. Questo rimandare dall’una all’altro, riconoscersi individuo in relazione, questa rappresentazione che l’uomo fa della natura entro il suo sguardo-anima sono lo specchio attraverso il quale l’essere umano riflette le sue passioni, la sua visione del mondo e il senso della sua esistenza. John Constable, uno dei maggiori pittori inglesi del colore ad acqua, scrive al suo amico John Fisher nel 1821 “Dipingerei meglio i miei luoghi, pittura non è altra parola che sentimento”. E “sentimento”, nell’ accezione latina, non significa forse percepire con i sensi, intendendo  una condizione cognitivo-affettiva “che dura più a lungo delle emozioni e che ha una minore incisività rispetto alle passioni”? “Per sentimento genericamente si indica ogni forma di affetto: sia quella soggettiva, cioè riguardante l’interiorità della propria individuale affettività, sia quella rivolta al mondo esterno” (cit.). L’anima della natura dunque, si mostra attraverso forme particolari attraenti coinvolgenti modulanti in una dimensione di sentimento, in un moto commotivo che pervade l’osservatore e si annuncia come legame tra chi osserva e gli esseri animati e inanimati che abitano il mondo. La pittura ha individuato immediatamente, fin dalle sue forme arcaiche, la Natura quale scenario da rappresentare, immettendo in ciò che registrava con il colore il mondo interiore dell’artista, la sua visione soggettiva e non da ultimo l’espressione poetica di una generazione, di un periodo storico, comunque specchiando lungo i secoli la policromia con cui la Natura si mostra all’uomo. Leonardo da Vinci nel “Trattato della Pittura” usa questa espressione per illustrare in che rapporto siano pittura e poesia: “La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede. Adunque queste due poesie, o vuoi dire due pitture, hanno scambiati i sensi, per i quali esse dovrebbero penetrare all’intelletto”. Il pensiero vinciano sottolinea ed evidenzia il rapporto tra le due arti, la loro intensa prossimità nella percezione ed elaborazione della Natura attraverso ciò che è visibile e al contempo invisibile, poiché entrambe le espressioni artistiche osservano ed elaborano la forma con cui il mondo si mostra e l’essenza che è sottesa alla forma, e che sostanzia l’animato e l’inanimato. Se il colore è il modo della Pittura per raggiungerci nel sentimento, per trascinarci dentro il respiro-anima di ciò che è rappresentato sulla tela o sulla carta negli effetti specifici dell’acquerello che nella leggerezza o densità delle velature ci consegna la vibrazione speciale, l’evanescenza, la fluidità  che riescono ad evocare la presenza ineffabile dell’anima della/nella natura, la parola è il modo della Poesia: non la parola qualunque che non sarebbe bastevole, ma la parola che porta con sé il suono, la parola che ha – come il colore – potenza evocatrice, cesellatura di stupore, campitura di mondo possibile. La parola-colore che si genera dal cangiante sentire del poeta e conduce al cospetto del mondo notturno e diurno, del tempo senza inizio né fine, dell’istante fuggevole e mutevole, la parola-suono che evoca immagini e mondi forse ancor più della parola-colore – poiché la percezione del ritmo e del suono che scaturiscono nel pronunciarla ci implicano oltre l’immediatezza -, sono privilegio creativo, espressione della natura della parola poetica: Poesia, dal greco pòiesis a sua volta derivante da poiein che significa fare produrre creare ci testimonia che è in grado di forzare l’uso convenzionale della parola, del linguaggio verbale, della sintassi. Proprio per questo particolare carattere, la poesia è “dotata di specifica e peculiare essenza che è discorso intorno al mondo, esattamente come il lògos razionale, anche se la poesia non è vincolata alle leggi della razionalità e della logica.” (Gianmario Lucini, Note di poetica). “La Poesia è un pensiero non necessariamente razionale, come quello della filosofia che deve osservare il rigore dell’argomentazione. La Poesia non argomenta, ma addita, allude, indica, evoca, celebra.” (ibidem). “Quando la Poesia nasce e prende corpo viene concepita dall’essere senza preavviso, è un sentimento, ossia un modo particolare di sentire il mondo, al quale l’essere reagisce con uno stato d’animo.  Non si tratta però di una reazione vera e propria, ma di una spinta inconscia ad agire e manifestare quello che l’essere sente, perché una verità lo colpisce, lo affascina, lo spinge alla comunicazione.” (ibidem). A testimonianza di questo carattere e potere esclusivi della Poesia ci vengono in soccorso i frammenti dei poeti antichi, i poeti che nella luce vibrante, nella azzurrità di cielo e di mare, nella fragranza vegetale della Grecia del VII – VI secolo a. C. hanno lasciato testimonianza ed eredità di quel sentimento personale che incontra e spesso fonde – nel sistema dinamico di una spirale che si avvolge oppure si svolge – il sentimento che scaturisce dalla natura, che in presenza dell’uomo diventa paesaggio: sono i lirici greci, i cantori dell’unione felice e più spesso infelice, ma sempre splendente, con la terra, il mare, il cielo e i suoi corpi sferici o i quarti lunari a declinare nell’essenzialità dei versi irrimediabile malinconia, nostalgia, caduta di ogni illusione, pena o disperazione d’amore. Saffo ci consegna cromie in versi, vaporosità di luce, palpabili brezze, freschezze di rugiada,  pari a certi acquerelli di W. Turner e J. Constable che cercano nell’unione dei finissimi pigmenti con l’acqua l’affermazione di una suprema armonia che cinga l’uomo e la natura nella vibrazione comune data dall’anima. Molti secoli dopo la poetessa di Lesbo, il grande poeta tedesco Heinrich Heine scriverà: “Amo il mare, come la mia anima. Spesso penso addirittura come se il mare fosse la mia stessa anima… Il mio animo si entusiasma in modo particolare quando passeggio da solo al tramonto sulla spiaggia, – dietro di me piccole dune, davanti a me il mare mosso, infinito, sopra di me il cielo come una gigantesca cupola di cristallo – allora ho l’impressione di essere una formica e tuttavia la mia anima si espande in modo smisurato…”. La poesia celebra la natura nella luce che inonda le stagioni, nei presagi oscuri dell’imminente burrasca, nelle rifioriture della primavera, nel destino dei corpi celesti o nel silenzio di stelle fredde e fulgide esattamente come l’acquerello, che non esclude alcuna creatura – uomo animale vegetale minerale -, prossimo alla parola sullo stesso percorso in cui, se improvvisa cade una foglia, si va all’incontro con la voce misteriosa che invita stringe domanda e suscita, consente la risposta. Tutta la vita sotto il cielo s’incontra nei modi assonanti di poesia ed acquerello: sensibilità rarefatte e finissime di leggere il mondo e di ritornarlo –  attraversato dalla luce – sulla carta che l’acqua prepara al colore, al suo vibrante alfabeto che espande l’anima senziente all’anima cosciente in un percorso di elevazione umana, e nella parola scritta e orale – attraversata dalla musica – per cui Leopardi ci offre la vertigine dei “Canti”. Le parole sensuose o metaforiche della poesia, i passaggi cromatici e tonali dell’acquerello sono il mezzo con il quale l’anima dell’artista incontra l’anima del mondo – che nella natura si mostra inevitabile in tutta la sua forza magnetica ed emozionale -, possiedono “l’intuizione della profonda unità del cosmo” (Luigi Reitani). Desidero concludere con le parole di Patrizia Runfola, che alla scrittura dell’anima ha dedicato pagine preziose e che bene si addicono alla dinamica creativa di chi si esprime in pittura: “Una scrittura dell’anima è quanto ho voluto perseguire, una scrittura distesa nei paesaggi di riflessioni e suggestioni giunte da imperscrutabili lontananze, da mondi luminosi di cui avverto gli echi diffusi e gravi, dai riverberi delle emozioni che mi investono come mareggiate, quando sento quello sconquasso di onde nel petto e la spuma di quel mare rigurgita la mia mente fin quasi a soffocarla per poi sgorgare in forma di parole”.

Potrebbero interessarti