leggodico joyicity di gabriele frasca
Joyicity – Joyce con McLuhan e Lacan
di Gabriele Frasca Edizioni d’if (Collana: i miosotìs – i saggi del cuore n. 2)

Che cosa ha intravisto James Joyce di perverso e minaccioso nel sistema letterario? Qualcosa vi avrà ben scorto di pericoloso, se lo indusse a sottoporre le sue opere alla spettacolare torsione che le avrebbe sottratte alla letteratura, e ai suoi riti. È innegabile che le date dei suoi capolavori, il 1914 dell’inizio della stesura dello Ulysses e il 1939 della pubblicazione del Finnegans Wake, inquadrino con sconcertante tempismo gli anni più roventi del trauma novecentesco. Così come appare evidente che gli autori che si sono confrontati con la sua opera, in una curva sinusoidale che da Beckett giunge fino a Pynchon (e comprende fra gli altri il Gadda del Pasticciaccio e il Nabokov di Lolita), abbiano tutti proseguito una riflessione sull’immaginario e sui suoi effetti persino più devastanti della guerra. Eppure colpisce la circostanza che, a fronte della grande attenzione critica che continua a destare (ma non in Italia) l’opera di Joyce, si sia poco studiata la sua incidenza sullo sviluppo di due dei più significativi e influenti nuclei di pensiero del secondo Novecento. Le penetranti riflessioni sui media di Marshall McLuhan e l’imponente rifondazione della psicanalisi di Jacques Lacan − dagli anni Cinquanta al 1981 per entrambi − affondano le loro radici nel magistero joyciano e nella questione sull’immaginario. Questo saggio, inseguendo la parabola con cui la joyicity fuoriesce dal sistema letterario, e indagando sulle conseguenze dell’opera di Joyce sulle ricerche di McLuhan e Lacan, viene dunque a colmare una vistosa lacuna tipologico-culturale, e a rilanciare con forza in Italia, nel momento in cui si assiste a una fioritura di nuove tradu-zioni dello Ulysses, l’opera del più grande artefice del Novecento. “Un saggio del cuore è innanzi tutto il resoconto di un viaggio sentimentale attraverso un’opera che continua a palpitare le sue questioni. […] Un saggio del cuore è allora innanzi tutto un’ecografia, che fa corpo con l’opera quanto più la disegna coi suoi stessi suoni, ed è dunque opera a sua volta, di rimando, di richiamo, in minore. Operetta critica, insomma, ma di una critica appassionata […]”.

 

 

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