Elisa Anfuso, Delle tentazioni e di altre consuetudini, Olio e pastelli su tela, cm 100x80, 2012

Elisa Anfuso, Delle tentazioni e di altre consuetudini

Elisa Anfuso è nata a Catania nel 1982. Le sue opere hanno catturato il nostro interesse per la maestria di uno stile che si coniuga alla franchezza di una poetica dell’essere (attuale) speculare al malessere antropico.

In tre aggettivi, chi è Elisa Anfuso?

Animista, decadente, inquieta.

Qual è (o quale potrebbe essere) l’aneddoto che meglio ti rappresenta?

Sono nata a Catania, ma è stato un errore. Nemmeno uno “scherzo del destino”, proprio un errore. Nel percorso anima-corpo-luogo della terra, qualcosa è andata male. Ho un animo crepuscolare, che mal si sposa con così tanta vivida luce. Ho creduto per anni che non ci fosse un luogo in cui sentirmi in armonia. Un’anima errante. Poi ho trovato Praga ed ho capito che davvero, è stato solo un errore. A Praga è nata una delle mie prime serie di opere, “SOgNO”, alimentata da leggende, magia, atmosfere che sembravo portarmi dentro da sempre. È dal Ponte Carlo che vorrei vedere il mondo per l’ultima volta.

Com’è nata (e cosa alimenta) la tua passione per l’arte?

È il mio modo di stare al mondo, di camminare da equilibrista sul filo, è la mia urgenza. Abbiamo tutti bisogno di dare un senso al nostro esserci. Non cerchiamo risposte, cerchiamo un senso. E le mie visioni, i miei giochi, le mie fantasie, sono il modo in cui mi è dato esserci.

Per André Breton e Lev Trotsky, “la vera arte, cioè quella che non si accontenta di variazioni su modelli prestabiliti, ma si sforza di esprimere i bisogni interiori dell’uomo e dell’umanità, non può non essere rivoluzionaria”, per Elisa Anfuso?

“Rivoluzione è soverchiamento di un ordine. Un ordine che è quello già dato, quello, appunto, dei modelli prestabiliti, quello al quale è più comodo per tutti attenerci. Quello che non prevede conflitti. Ma non è una concezione umana questa. Siamo il frutto incerto di pulsioni costruttive e distruttive. Ecco in cosa risulta rivoluzionaria l’arte, nel portare alla luce questa scomoda dialettica”.

Osservando le tue opere sovviene una riflessione di Milan Kundera: “Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione”. È corretto considerarlo uno dei tuoi leitmotiv?

“Credo che la nostra condizione umana, per una necessità che non ci è dato comprendere, ci porti a valutare le cose nei termini di questa realtà terrena e, da questa piccola e caotica terra, riusciamo solo a vedere una linea, piuttosto che un cerchio. Un po’ come fisicamente non avvertiamo sotto i nostri piedi la rotondità del pianeta, perché siamo troppo piccoli per poterla percepire. Il tempo umano, visto da umano, è il tempo sulla terra. Il prima e il dopo, che potrebbero chiudere il cerchio, non ci è dato conoscerli, solo desiderarli. Ma una cosa che non si conosce non è necessariamente una cosa che non esiste. Felicità? Ci è preclusa anche questa, è vero. Come potrebbe essere felice un’anima che vive di desideri in un corpo che sopravvive solo se i suoi bisogni vengono soddisfatti?”.

Oggigiorno qual è (o dovrebbe essere) la funzione dell’arte e quali responsabilità deve (o dovrebbe) assumersi?

“Mi piace pensare all’artista come ad uno sciamano. Non è certo un parallelismo inedito quello tra queste due figure ma oggi lo ritengo quanto mai appropriato. In un’epoca sempre più votata al materialismo, in cui, come dice Noica, “anche il cielo è malato”, abbiamo bisogno di qualcuno in grado di mediare e di fare da ponte, non tanto tra mondo terreno e ultraterreno, quanto tra mondo e coscienza”.

Elisa Anfuso, Come se poi non avessimo che piume tra bisogni e desideri - Olio e pastelli su tela, cm 100x120, 2012

 Elisa Anfuso, Come se poi non avessimo che piume tra bisogni e desideri

 

 Selezione opere di Elisa Anfuso dal sito www.elisaanfuso.com

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